Claude Francis Dozière
La Grande Insurrezione
Tabula Fati (2025)
Recensione di Chiara Natoli.
La Grande Insurrezione è un romanzo distopico autoconclusivo, parla di guerra, una guerra sporca, come tutte le guerre.
Dell’antico tracciato stradale sopravvivevano brani di asfalto sciolto dal calore – o frantumato dalle esplosioni – e frammenti di marciapiedi. Spesso questi viottoli figli della distruzione erano vicoli ciechi, o terminavano su dirupi.
Guardando la città dall’alto si poteva scorgere l’ombra della grandezza passata, qualcosa di grandioso trasformato in uno spettro di forme architettoniche, di edifici monumentali rasi al suolo e parchi ormai bruciati.
Ci muoviamo in un mondo devastato dal cambiamento climatico e da attentati terroristici a centrali nucleari, dove la guerra civile ha visto trionfare le milizie popolari urbane sulle EUSF (European Union Special Forces).
La storia è ambientata in una città devastata e dai tratti claustrofobici il cui nome è andato perduto con la precedente generazione. Eppure non è passato così tanto tempo, perché c’è ancora chi ricorda com’era “prima”.
Il cielo si stava facendo scuro. Il buio non era mai assoluto nella città. Guardando in alto, si potevano sempre vedere dei riflessi di colori violacei, innaturali, che striavano l’oscurità. Si diceva che fosse colpa dell’inquinamento, o delle radiazioni, o con ogni probabilità di entrambe le cose.
Jarry è una giovane recluta delle milizie, un ragazzino, che nella vita ha conosciuto solo la guerra. Come gli altri suoi compagni non conosce la storia, né la geografia, conosce solo ciò che gli è stato detto. Ma in lui c’è un piccolo fuoco che non si spegne, sa leggere poco e male, ma la sua sete di conoscenza non aspetta altro che essere alimentata.
Questo romanzo tocca degli argomenti sempre fin troppo attuali e dolorosi. Parliamo di bambini soldato, di come gli adulti plasmano il loro mondo fornendo solo la verità necessaria, una verità sempre di parte, un punto di vista cieco.
Fa male vedere la loro innocenza spezzarsi pagina dopo pagina. Ma la realtà è che qui, in un modo o nell’altro, tutti sono delle vittime.
I personaggi sono molti, e tutti con una forte caratterizzazione. Alcuni li amiamo, altri li odiamo, ma Dozière riesce a farci comprendere ognuno di loro, con il punto di vista delle milizie, delle reclute, dei cittadini intrappolati tra due fuochi e delle EUSF. È proprio del comandante di queste ultime che ci tenevo particolarmente a citare una riflessione - mentre guarda la desolazione fuori dalla città.
Erano i padroni del nulla. Di un niente sterminato, ma pur sempre un niente.
E mentre soffriamo nell’accompagnare le reclute tra le macerie di una civiltà dimenticata (la nostra), iniziamo a farci delle domande scomode, domande che iniziamo a sentire doverose.
Ciò che è accaduto poteva essere evitato? Si potevano almeno limitare i danni in qualche modo? Chi ha sbagliato per primo? Qual è il confine tra giusto e sbagliato?
Chi è davvero il cattivo?
Sinceramente, secondo me non esistono risposte.
Il romanzo si conclude con un barlume di speranza, ma, personalmente, la trovo amara. Perché ci mostra cosa potremmo diventare, ci fa sentire l’irrefrenabile necessità di agire per evitarlo, ma la plausibilità degli eventi è talmente forte da farci temere di essere impotenti.
L'autore:
CLAUDE FRANCIS DOZIÈRE (1961) alsaziano di nascita, italiano d’adozione, ha studiato lingue e letterature straniere in Francia presso l’Université de Strasbourg. Da sempre appassionato di fantascienza, è un autore di talento che spazia dalla scrittura di romanzi alla collaborazione in produzioni cinematografiche.
Premiato al Trofeo Cassiopea 2023 con Il Noburian (Delos Digital, 2022), secondo volume della trilogia ambientata in un futuro caratterizzato da tensioni politico-militari interplanetarie avente come protagonista il capitano Jane Hattaway.
Commenti
Posta un commento