Philip K. Dick 


Ma gli androidi sognano pecore elettriche? 


Fanucci




L'ho finito oggi. Molto bello anche se me lo aspettavo eccelso, piuttosto. 

Il film Blade Runner è diverso, meno freddezza (più empatia?). 

Qui ho avuto dall'inizio alla fine il "modulatore dell'umore" sintonizzato su "depressione autoaccusatoria", come Iran, la moglie del cacciatore di androidi. A me è partito in automatico, si vede che inconsciamente ne conoscevo il codice. 

Dopo l'ultima guerra nucleare lo scenario è cupo, apocalittico: Marte e altri mondi sono stati colonizzati, la polvere radioattiva ha distrutto tutto. Flora e fauna sono estinti e la "palta" ricopre ogni cosa. 

I pochi umani rimasti si differenziano dagli androidi (robot umanoidi di intelligenza superiore ma privi di sentimento - si suppone - ) esclusivamente per le emozioni e l'empatia. Ma anche per la capacità di prendersi cura di un animale domestico. 

Ci sono società che producono animali elettrici, identici ai reali, ad un costo accessibile mentre si vendono, da catalogo, a prezzi elevatissimi, animali veri che hanno resistito all"estinzione. Questi sono il sogno di ogni umano rimasto sulla terra. 

In una di queste "cliniche" lavora J. R. Isidore un essere dal quoziente intellettivo molto basso, che ogni giorno, nel tempo libero, guarda alla TV il programma di Buster Friendly che va in onda 24 ore al giorno e funge sia da intrattenimento che da programma informativo, elargisce previsioni del tempo e perfino grandi rivelazioni (un po' come la nostra Barbara d'Urso insomma... Ci siamo capiti, no?). 

Possedere un vero animale e quindi raggiungere un elevato status sociale, è anche il sogno di Rick Deckard, cacciatore di androidi, che prende una taglia su ogni replicante del nuovo tipo Nexus 6 che riesce a ritirare. 

Non tutto però va come previsto, nonostante il record di 6 androidi uccisi in 24 ore. 

I temi del libro sono interessanti ed attuali, tanti dualismi che ancora oggi fanno riflettere: il bene e il male, l'uomo e la macchina, la religione e la scienza, la filosofia e la conoscenza. 

C'è un tipo, una specie di saggio santone, che è l'emblema del nostro Dio, che comunica attraverso la scatola empatica e professa il mercerianesimo. La fusione dell'umano con lui, attraverso la spiritualità (le maniglie della scatola empatica), fa emergere quell'empatia che dimostra l'essenziale diversità fra l'uomo e il suo replicante. 

"«Mercer», esclamò Rick. «Io ti sono amico», disse il vecchio. «Ma tu devi andare avanti come se non esistessi. Riesci a capirlo?» Spalancò le mani vuote. «No», rispose Rick. «Non riesco a capirlo. Ho bisogno di aiuto.» «Come faccio a salvarti?» chiese il vecchio. «Non riesco neanche a salvare me stesso.» Gli sorrise. «Non capisci? Non c’è salvezza!» «E allora perché tutto questo?» chiese Rick. «Che ci stai a fare?» «Per dimostrarti che non sei solo», rispose Wilbur Mercer. «Io sono qui con te e ci rimarrò sempre. Va' ed esegui il tuo compito, anche se sai che è sbagliato.» «Ma perché? Perché devo farlo proprio io? Lascerò il lavoro ed emigrerò, piuttosto.» «Dovunque andrai, ti si richiederà di fare qualcosa di sbagliato. È la condizione fondamentale della vita essere costretti a far violenza alla propria personalità. Prima o poi, tutte le creature viventi devono farlo. È l’ombra estrema, il difetto della creazione; è la maledizione che si compie, la maledizione che si nutre della vita. In tutto l’universo.»" 

Considerando che il romanzo fu scritto nel 1968, non possiamo fare a meno di ritrovare tanti termini usati ai giorni nostri: android (come il sistema operativo dei nostri cellulari, videofonata (la videochiamata), Acker (il nome di un personaggio secondario che ricorda gli Hackers che rubano i nostri dati in rete) e perfino il nome di uno smartphone di nuova generazione (Nexus). 

Niente da dire sull'autore, Dick era un genio sicuramente incompreso e che non ha potuto godersi la sua fama di scrittore distopico e fantascientifico, che venne soltanto dopo l'uscita del film Blade Runner diretto da Ridley Scott, ispirato proprio a questo romanzo. 

Dick morì prima. D'infarto. 

Su di lui vi consiglio caldamente la biografia scritta da Emmanuel Carrère: Io sono vivo, voi siete morti. 

E vedrete se poi non vi verrà voglia di approfondire tutta la bibliografia di Philip K. Dick. 

Comunque questa cosa del modulatore d'umore e della scatola empatica è davvero una gran bella cosa. Non potrei averli?

La traduzione è di Riccardo Duranti.



Recensione di Simona Passerini.







Philip Kindred Dick, scrittore statunitense (Chicago 1928 - Santa Ana, California, 1982). Autore colto, tormentato e molto prolifico, nella sua produzione fantascientifica, caratterizzata da nuove modalità narrative e permeata da un certo pessimismo, centrale è il tema dell'alienazione dell'uomo, la cui perenne fragilità lo porta alla fuga dal mondo circostante, popolato spesso di robot, alieni ed esseri soprannaturali che si celano dietro le spoglie del prossimo. I personaggi dei suoi romanzi sono costantemente mossi dalla ricerca, spesso vana, dell'umano e di un principio morale. 

Esordì nel 1955 con il suo primo romanzo Solar lottery (trad. it. Il disco di fiamma, 1958), a cui seguirono The man in the hight castle (1962; trad. it. La svastica sul sole, 1965 e 1993; L'uomo nell'alto castello, 2001); The game-players of Titan (1963); Martian time-slip (1964); The simulacra (1964); The three stigmata of Palmer Eldritch (1965); Do androids dream of electric sheep? (1968, trad. it. Il cacciatore di androidi, 1986, da cui R. Scott ha tratto ispirazione per il film del 1982 Blade runner); Ubik (1969); A maze of death (1970) e Deus Irae (1976) che affrontano, più specificatamente, il problema dell'esistenza divina; A Scanner darkly (1977). Ai suoi racconti sono ispirati anche altri film di fantascienza: tra i più famosi si ricordano Minority report di Spielberg (2002) e Paycheck di John Woo (2003), tratti dai testi omonimi del 1956 e del 1953. Copiosa anche la produzione di saggi. (Fonte treccani.it)

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