Giorgio Scerbanenco 


La ragazza dell’addio 


Garzanti 



Un elogio all’amore, alla bellezza dell’anima , all’intelligenza e purtroppo alla mediocrità. 

C’è un tipo di amore che ha qualcosa di straordinario, non si lascia scalfire dalla piccolezza umana, dalla convenienza, dall’opportunismo, e accetta con dignità la sofferenza che inevitabilmente deriverà dal suo essere così assoluto, senza filtri e senza riserve. Non arginabile perché travolgente come un ciclone, non controllabile per natura , si libra libero nell’aria. È uno spettacolo vederlo volare! Il motivo che lo rende unico è che non ha nulla di mediocre pur essendo assolutamente umano. Esso non prevarica, perché forte e generoso, fa dono di sé senza chiedere nulla che non sia rispetto. 

Milla disperatamente combatte contro un fantasma, come Don Chichotte contro i mulini a vento. 

Il dolore di un addio è profondo quanto la ferita procurata da un umiliante e pietoso “ se vuoi, resto”. Non per amore ma solo per umana compassione, come fosse un premio di consolazione. 

Inaccettabile. Davvero inaccettabile. Un attentato in piena regola alla sensibilità, all’intelligenza e alla dignità di Milla che peraltro ne ha da vendere. Di dignità, intendo. 

A colpire oltremodo è il pensiero gretto e svalutante che una donna per essere amata debba essere bella e piacente. È svilente l’evidenza che una bella figura colpisca più di un intelligenza vivace e ironica come quella di Milla. 

I pensieri,quelli mediocri di gente altrettanto mediocre...capita che in volgarità siano insuperabili! 

Martino piomba nella sua vita e dopo averla sconvolta, le dice addio. La ragazza dell’addio appunto, quella brutta, quella che nessun uomo sposerebbe se non fosse che è ricca. Milla è per lui l’amica disinteressata e sincera, quella da cui tornare quando la solitudine gela il sangue nelle vene. Perché lei è lì, pronta ad accogliere, benevola e materna, sempre lì, come un faro, un rifugio o un porto sicuro nel quale attraccare quando il mare si fa scuro e minaccia tempesta. 

Martino gioca a ping pong con i sentimenti di Milla, qualche volta se ne da pena ma non al punto da andare, una volta per tutte, per la sua strada e lasciare che ognuno raccolga i propri cocci e, in qualche modo, li rimetta insieme. 

Tuttavia anche Martino è un’anima in pena e pur rappresentando il prototipo di uomo del quale sarebbe meglio non innamorarsi, non si può non provare per lui un sentimento di umana, empatica comprensione. 

Un romanzo struggente per la forza con cui i sentimenti e le loro innumerevoli sfumature vengono sviscerati. Soprattutto l’amore nelle sue più svariate forme, come l’amicizia, la cura verso il più debole, la tenerezza per gli animali. 

L’animo umano è davvero un guazzabuglio, e nessuno, proprio nessuno si salva da solo. 




Recensione di Arcangela Guida.





Giorgio Scerbanenco (Kiev 1911- Milano 1969), nato a Kiev, cresce a Roma e a sedici anni si stabilisce a Milano. Per guadagnarsi da vivere fa molti mestieri finché non approda al mondo dell’editoria. Dopo aver scritto migliaia di racconti rosa, si dedica al poliziesco, e nel 1968 vince l’ambitissimo Grand Prix de littérature policière. Fra i titoli di maggiore successo Venere privata, Al servizio di chi mi vuole, La ragazza dell’addio, Traditori di tutti, Milano calibro 9, Dove il sole non sorge mai, I milanesi ammazzano al sabato, Ladro contro assassino, I ragazzi del massacro, Le principesse di Acapulco, Europa molto amore, Al mare con la ragazza, Le spie non devono amare, La sabbia non ricorda, Non rimanere soli, Racconti neri, Il Centodelitti e I sette peccati capitali e le sette virtù capitali, tutti pubblicati con Garzanti. Nel 2007, sempre per Garzanti, sono apparse le trame inedite degli altri romanzi di Duca Lamberti raccolte in Il ritorno del Duca, a cura di Gian Franco Orsi, e nel 2016 sono stati pubblicati i suoi racconti inediti nel libro Il falcone e altri racconti.

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