Nando Dalla Chiesa 


Quattro a tre

Italia Germania
Storia di una generazione che andò all'attacco e vinse (quella volta)


Melampo Editore



Può una partita di calcio essere assunta a mito? E questo mito può fare da spunto per raccontare una generazione, quella del'68, intrecciando la storia di una nazione, il Messico, che utilizzava lo sport, le olimpiadi prima e il mondiale di calcio poi, per rifarsi un maquillage e presentarsi come una democrazia matura quando nella realtà era una dittatura fra le più brutali? Otto anni dopo quel mondiale un'altra dittatura sfruttò la massima vetrina calcistica per rigenerare la propria immagine agli occhi del mondo, quella dell'Argentina del dittatore Videla, segno che lo sport, dalle olimpiadi di Berlino del '36 in avanti, ha spesso avuto la funzione di specchio per le allodole della diplomazia mondiale. Ma tornando a noi e a quella che per l'universo calcistico e non solo, è considerata la partita del secolo, al punto di meritare una targa commemorativa nello stadio in cui fu giocata: la partita nel racconto è descritta nei minimi particolari, quasi ponesse il lettore davanti a uno schermo di Youtube che ancora oggi ci permette di vedere l'intera contesa o anche soltanto le parti salienti, che furono tante. Fra queste sicuramente la più eclatante fu la rete segnata da un terzino tedesco, tale Karl-Heinz Schnellinger, che all'epoca militava nel Milan. Quasi un traditore quindi, visto che segnò un gol, lui che difficilmente superava la metà campo avversaria, in barba a molti suoi compagni di squadra che per l'occasione, vestivano la maglia azzurra. Eppure non ci fosse stato quel gol, probabilmente oggi di quella partita si ricorderebbero solo uno sparuto numero di appassionati, per quella che, in definitiva, non era altro che una semifinale, la partita che avrebbe messo la vincente di fronte al temuto Brasile di Pelé e degli altri giocatori extraterrestri che componevano quella squadra. 

Il libro non parla solo della partita, parla anche di come fu vissuta, soprattutto in Italia, al punto che si può dire che esista un prima e un dopo nel modo di vivere il tifo e le celebrazioni del post partita, caroselli notturni compresi, in un'interessante riflessione su come possono cambiare i costumi di una società anche soltanto dopo un episodio in apparenza insignificante. Ma la cosa curiosa è come l'autore descrive il vissuto di quella generazione, la sua, nella fattispecie quella degli studenti del pensionato dell'Università Bocconi nel 1970, fra dissertazioni ideologiche marxiste, quindi pregiudiziali verso il calcio come novello oppio dei popoli, e il desiderio non troppo celato di riscatto nei confronti del popolo tedesco, già allora leader di un'Europa che iniziava a intraprendere i primi passi nella direzione unitaria ancora oggi incompiuta. 

Un libro che si presta a diverse chiavi di lettura, e che comunque vada, si concluderà con l'assist di Boninsegna raccolto da Rivera che di piatto destro manderà il pallone in rete e il portiere Mayer seduto a osservare impotente la capitolazione della Germania calcistica. 




Recensione di Roberto Maestri.




Nando Dalla Chiesa: Chi sono? Uno che ama impegnarsi, specialmente se sono in gioco la libertà e la giustizia. Ma anche la decenza mentale e morale. Insomma, mi piace la democrazia e ho cercato di darmi da fare per lei in tanti modi, anche se non ho ancora capito se lei me ne sia grata. 

Sono del PD ma sono soprattutto un democratico senza aggettivi. 

Il mestiere, dite. Già, sono un sociologo, laureato in economia alla Bocconi, e insegno a Scienze Politiche di Milano. Sono titolare di quattro corsi: Sociologia della criminalità organizzata (l’unico in Italia, l’ho fatto aprire io, ditemi che ho fatto bene… ), Sociologia e metodi dell’educazione alla legalità, Organizzazioni criminali globali, Gestione e comunicazione di impresa. Scrivo libri (fino a ora trentacinque) e collaboro con diversi giornali, in particolare con Il Fatto Quotidiano e con Radio Popolare.
Dal 2004 sono anche editore. Ho fondato una casa editrice che non è nemmeno più solo una promessa e che si chiama Melampo. Soci d’avventura, Lillo Garlisi e Jimmy Carocchi, miei allievi bocconiani arrivati al successo nell’editoria per i fatti loro. Ho fatto pure del teatro. Comico e soprattutto civile. 

E infine, mi piace fondare. Mica solo la casa editrice. Ho fondato un circolo di nome “Società civile” nella Milano degli anni Ottanta. Una splendida creatura collettiva che ha tenuto botta al regime della corruzione di quel periodo. Poi, con il mio amico Gianni Barbacetto, ho fondato il mensile omonimo, grande esperienza giornalistica fatta da ragazzi irripetibili. Ho fondato con Leoluca Orlando e Diego Novelli la Rete, un movimento che diede agli inizi degli anni Novanta dignità politica nazionale all’idea che si dovesse combattere la mafia. Ho fondato il piccolo movimento di Italia democratica, anche quello con mensile, che confluì nell’Ulivo battendosi contro il razzismo e la secessione. E pure “Omicron”, rivista sulla criminalità organizzata al nord, sempre con Gianni Barbacetto. 

E il comitato di parlamentari “La legge è uguale per tutti” per fronteggiare l’offensiva del signor B.; un comitato alla testa di tante manifestazioni degli anni dei girotondi e che ha prodotto l’unica esperienza di teatro civile al mondo fatto da parlamentari. Ho anche fondato con Fabio Zanchi e Lidia Ravera il Mantova Musica Festival, nato per contestare Sanremo finito nelle mani di Tony Renis e poi ripetuto gloriosamente per altre quattro edizioni. Ho pure fondato, con una quarantina di lettori di questo blog, la Scuola di formazione “Antonino Caponnetto”. Non ho fondato “Libera”, la bellissima associazione di don Ciotti, ma ho l’orgoglio di esserne stato eletto presidente onorario. 

Ho fondato, sempre in buona compagnia, una marea di corsi, specializzazioni, laboratori, un centro di ricerca, una rivista accademica, un dottorato di ricerca, e di questo sono orgogliosissimo perché, in fondo, il Paese non aveva mai avuto una scuola sulla criminalità organizzata. Ma su questo trovate ogni informazione andando su www.cross.unimi.it. 

Soprattutto ho fondato una famiglia con Emilia. Ne sono nati Carlo Alberto e Dora, i miei gioielli, che se li avesse visti Cornelia ne sarebbe rimasta folgorata, altro che i suoi Gracchi, con tutto il rispetto. 

E, come avrete capito, ho fondato pure questo blog, che sta seguendo le buone sorti di molti dei suoi fratelli maggiori. Buona lettura! (Fonte nandodallachiesa.it)

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