Marco Palone


Oltre la rinascita


Delta 3 Edizioni



Intervista a cura di Fabiana Redivo.


Non è insolito per il Trofeo Cassiopea, premio letterario dedicato ai romanzi italiani di fantascienza, avere in classifica degli ex aequo. L’anno scorso Marco Palone ha vinto con il romanzo Progetto Ganimede (Elison Paperback), quest’anno si è classificato secondo ex aequo con Oltre la rinascita (Delta 3 Edizioni). Scrittore poliedrico, ha esplorato vari generi letterari (ad esempio, è stato finalista alla IX edizione del Premio Bukowski con un giallo dalle contaminazioni noir, è stato tra i vincitori della XVII edizione del Premio Kafka alla Cultura e finalista alla XVII edizione del Premio Kipple), laureato in lettera classiche e conservazione dei manoscritti, è docente presso l’Università di Edimburgo.

La prima cosa che colpisce dei romanzi con cui hai partecipato al Cassiopea è l’ambientazione (preciso per i lettori che Oltre la rinascita è il seguito di Progetto Ganimede). Oltre alla tecnologia e alla presenza di una potente I.A., hai inserito la religione Indù come tratto dominante per caratterizzare la società. Cosa ti ha indotto a operare questa scelta?

Da sempre adoro la cultura indiana e le culture orientali. La religione indù e la sua letteratura plurimillenaria mi hanno dato più di uno spunto di ispirazione. Credo che l’India, più dell’Occidente ormai vittima dei suoi stessi veleni, abbia una grande capacità innovativa sostenuta da un vigoroso sviluppo demografico. Da tempo l’India è anche un crocevia delle scienze informatiche e dello studio e messa a punto delle diverse forme di intelligenza artificiale, e questo in netta continuità con la sua storia di culla della matematica. A dire il vero, gli indù della mia trilogia non fanno un’ottima figura, ma questo dipende dal fatto che l’essere umano tende purtroppo alla sopraffazione dei suoi simili; cosa che la letteratura indiana (penso per esempio al Mahabharata, un poema di almeno mille anni prima di Cristo), ha messo in evidenza, insieme alla prima teorizzazione della non violenza. Sempre per dirla tutta, ho scoperto di non essere il primo ad aver proiettato l’India e i suoi dèi variopinti nel futuro. Ci è già riuscito egregiamente uno scrittore Nordirlandese: Ian McDonald (ricordo di lui i I giorni di Cyberabad, Urania; ma anche a Il fiume degli dèi, Urania).

In Oltre la Rinascita appare più netta la spaccatura tra “privilegiati” e “reietti” (passami i termini) e i personaggi non sanno mai di chi fidarsi fino in fondo. Nel mondo post apocalittico che hai immaginato c’è posto per la speranza o il riscatto? 

Nel mondo che ho immaginato, che è proiezione di quello che osservo coi miei occhi e giudico con la mia sensibilità, vedo purtroppo acuirsi sempre di più questa dicotomia. È vero che c’è sempre stata, ma ora i mezzi di cui dispongono i ‘privilegiati’ e i super ricchi sono sconfinati, avendo accumulato ricchezze enormi insieme al controllo di internet, alla pesante influenza sulla politica, all’impunità fiscale e penale. La speranza c’è, ma passa per il cambiamento di un ordine ingiusto, che però non può essere sovvertito semplicemente dalla violenza, non ne nascerebbe un ordine stabile: la violenza contiene in sé la radice della sua perpetuazione. Quindi sì, c’è speranza, ma l’auspicio del mio libro (e di quello finale della trilogia), è che ci sia un nuovo paradigma. Il bersaglio volutamente mancato nell’ultimo capitolo de Oltre la Rinascita allude proprio a questo.

La fantascienza secondo me è un genere abbastanza versatile, nel senso che offre la possibilità di immaginare il futuro non solo dal punto di vista tecnologico. Immagino che la Trilogia di Bharatmata di cui fanno parte sia Progetto Ganimede che Oltre la rinascita abbiano lo scopo di offrire al lettore alcuni spunti di riflessione. Senza spoilerare troppo, cosa puoi dire al riguardo?

La tecnologia è senza dubbio un aspetto importante della mia interpretazione della fantascienza. Infatti, cerco proprio di mettere sotto la lente d’ingrandimento la sempre più labile distinzione tra noi e gli oggetti della tecnologia, le ‘macchine’ (includendo anche i software) che si integrano sempre di più con l’essere umano. Questo può certamente creare resistenza, e a ragione. Il problema è che mentalità c’è dietro: se c’è solo il bieco profitto, le paure sono giustificate. Se ci fosse un progetto diverso, più ‘altruistico’, l’integrazione uomo-macchina, non dovrebbe incutere terrore. Oltre alla tecnologia, c’è l’aspetto politico ed etnico: spero che il lettore percepisca la follia dell’idea che anche in futuro ragioneremo con una mentalità ‘coloniale’ ed ‘etnica’, e anche dopo una catastrofe (sia essa il cambiamento climatico, sia essa una guerra), continueremo a enfatizzare differenze di pelle e religione, di reddito e di orientamento sessuale. C’è anche l'esplorazione dei sentimenti da un punto di vista femminile. La domanda che mi sono posto è: che ne sarà dell’amore e degli affetti nel momento in cui la barriera uomo-macchina dovesse essere infranta? 

Sempre in Oltre la rinascita appare più evidente la forza dei legami famigliari, come qualcosa che travalica ogni possibile barriera e l’elemento femminile è molto presente. È stata una scelta precisa o la storia ti ha preso in qualche modo la mano in quella direzione?

Un po’ entrambe le cose. Nell’idea della trilogia il secondo volume doveva essere proprio quello del lato femminile, che infatti è ben presente sia con la protagonista, sia con la sua madre ‘genetica’. Il rischio era quello di dare una visione della donna filtrata da un uomo, ma ho deciso di correrlo, perché la scrittura è un gioco d’immedesimazione. Forse una scrittrice avrebbe dato una versione diversa di certe problematiche: la maternità forzata, la donna come ‘mezzo’ di cui servirsi, costantemente ingannata e tradita, considerata sempre da meno (e questo emerge nel rapporto con il fratello della protagonista). Ma ho preferito affrontare questi temi perché mi stanno a cuore, perché una donna che subisce discriminazioni non è un problema per lei sola, ma anche per gli uomini, perché tutti noi abbiamo una madre, una sorella, una compagna, una figlia, che potrebbe esserne vittima e non possiamo pensare che sia un problema che devono risolvere le sole donne.

Siamo infine giunti alla domanda di rito: hai nuovi progetti in cantiere?

La risposta è affermativa, come direbbe Spock dell’Enterprise. La Trilogia di Bharatmata è completa e l’ultimo volume ‘Ritorni’, sta per prendere la via della pubblicazione, ma su quest’ultima informazione devo mantenere il segreto ancora per un po’. Mi piacerebbe – eccome! - che tutta la trilogia uscisse ripubblicata da uno stesso editore. Nel frattempo, ho completato una raccolta di racconti postapocalittici e distopici: Hibakusha (che in giapponese è il nome che si dava ai sopravvissuti alle bombe di Hiroshima e Nagasaki), che per alcuni racconti prende spunto dal mondo della Trilogia di Bharatmata. Dopo un’ulteriore limatura vorrei proporla per la pubblicazione. Sto inoltre progettando di tornare al giallo e continuare, con un prequel e un sequel la vicenda de La smorfia del cinese, il giallo-noir in cui l’inquirente è un maresciallo dei carabinieri italo-cinese, o come direbbe lui ‘sino -partenopeo’.

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