Roland Schimmelpfennig

In un chiaro, gelido mattino di gennaio all’inizio del ventunesimo secolo

Fazi Editore



Per Fazi sarà sicuramente un anno da ricordare. Oltre ad aver pubblicato Il ragazzo di Marcus Malte – che va annoverato tra i migliori libri usciti in questo segmento di 2019 – ci ha riservato una vera e propria chicca editoriale: il romanzo d’esordio di Roland Schimmelpfennig, uno dei più celebri drammaturghi contemporanei.

L’opera ha un titolo chilometrico, difficile da ricordare quanto il nome dell’autore. Si tratta, in realtà, di un biglietto da visita veramente azzeccato ed evocativo, che fa pensare ad una favola sin dal suo folgorante incipit:


In un chiaro, gelido mattino di gennaio all’inizio del ventunesimo secolo un lupo solitario attraversò poco dopo il sorgere del sole il fiume ghiacciato che separa la Germania dalla Polonia.


Abbiamo un lupo che attraversa il confine polacco-tedesco, per l’appunto. Ma anche un manovale bloccato in un ingorgo autostradale che riesce a fotografarlo; due ragazzini che fuggono di casa; un padre alcoolizzato che si mette sulle loro tracce; una donna demotivata che riscopre i luoghi della propria gioventù; il losco proprietario di un locale tinto di nero che si offre di ospitare i due adolescenti…

Questi sono i protagonisti di un'algida fiaba metropolitana che si svolge nella Berlino frenetica di oggi: una città cupa e tenebrosa, in piena ricostruzione dopo la riunificazione tedesca e soggetta ad un’incessante ondata migratoria, che fa da contraltare alle gelide lande ricoperte di neve.


Il lupo – figura misteriosa, rivestita di un’aura quasi mitica – rappresenta il trait d’union tra le varie vicende. Appare e scompare in varie parti della città, come una sorta di fantasma, facendosi strada all’interno delle paure più recondite di un popolo che, malgrado i cambiamenti socio-economici in atto, continua a patire un pericoloso senso di disorientamento.

Lo stile è secco, diretto, scevro da venature emotive; la narrazione è volutamente frammentaria, a tratti minimalista, fitta di dialoghi smozzicati e monologhi descritti in punta di penna.

Un romanzo corale originale, che porta dentro di sé i cromosomi di quello straniamento brechtiano di cui si è nutrito gran parte del teatro moderno; ma anche un’opera che ci permette di osservare da vicino le emozioni - raggelate, sospese, sconvolte ma pur sempre sincere – di un popolo come quello tedesco, alle prese con i propri demoni ancestrali.



Consigliato a: coloro che adorano la letteratura quando cammina sospesa sul filo sottile che separa il teatro dal romanzo ed a chiunque si appassioni alle vicende corali, in cui si crea una forte interazione tra i vari personaggi.

Voto: 7,5/10

La traduzione è di Stefano Jorio


Recensione di Piergiorgio Vigliani.




Roland Schimmelpfennig, nato nel 1967 a Göttingen, è uno dei più noti e premiati drammaturghi tedeschi contemporanei. Dopo un periodo come giornalista a Istanbul, ha frequentato un corso di regia e ha successivamente collaborato alla direzione artistica del Münchner Kammerspiele. I suoi lavori sono stati messi in scena in oltre quaranta paesi. Questo è il suo romanzo d’esordio, finalista al Leipziger Preis.


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