Majgull Axelsson 


Io non mi chiamo Miriam 


Iperborea 




Il giorno del suo ottantesimo compleanno, Miriam rivela un segreto.

“ Io non mi chiamo Miriam” 

Un fulmine a ciel sereno? Per gli altri, forse. Ma non per lei. 

Lei ne ha portato il peso per anni senza mai dimenticare nemmeno un attimo di quel orrore. Del resto, chi potrebbe farlo? 

Miriam vive a Nassjo piccola cittadina svedese ma i suoi pensieri sono rimasti lì, in quel campo di concentramento insieme a Malika, la rom che è riuscita a sopravvivere nonostante tutto. 

Identità nascosta, come si nasconde la peggiore delle verità perché quando la posta in gioco è la sopravvivenza in un campo di concentramento, essere rom diventa la disgrazia nella disgrazia. 

Umanità azzerata dal desiderio di uscirne vivi, perché nonostante tutto la vita resta il bene più prezioso. Non ci sono quasi più lacrime e nemmeno pietà per chi andrà a morire in un forno crematorio se ancora per una volta, quella sorte non è toccata a te. 

Quanta brutalità sommata ad altra brutalità c’è, nel privare un individuo della capacità di provare pena? 

Ricordi, come un urlo che muore in gola, e repressi con forza, nel disperato tentativo di non essere sopraffatti dal dolore . La morte cammina al fianco di ognuno di noi, ma non a tutti ha mostrato il suo volto più crudele. 

La deportazione annulla la dignità, i deportati presto saranno solo spettri . 

Alle narici arriva forte l’odore di escrementi, vomito e carne umana. 

Nel cervello risuonano urla e rantoli mentre il pianto che non esplode, muore soffocato. Il ricordo degli affetti perduti, dolorosamente strappati, come quando si scuoia vivo un animale accompagna senza pietà ogni deportato. 

La diffidenza si insinua in ogni dove così come l’ombra nera del pregiudizio: 

“Gli zingari, si sa come sono quelli!” 

Come scendere all’inferno e calarsi nellle miserie umane. Il tutto reso tangibile da una scrittura esatta, non una parola di troppo, dura e senza mezzi termini. Complimenti alla scrittrice.


La traduzione è di Laura Cangemi. 


Recensione di Arcangela Guida






Majgull Axelsson (1947), scrittrice, drammaturga e giornalista, è una delle più apprezzate autrici svedesi, tradotta in ventitré lingue e premiata con l’ambito Augustpriset. Dopo essersi affermata con inchieste su spinose problematiche sociali, come la prostituzione infantile nel Terzo mondo e la povertà in Svezia, ha esordito con successo nella narrativa, coniugando l’attenzione per le ingiustizie e per le condizioni di disagio materiale ed esistenziale con una grande capacità di calarsi nei destini dei suoi personaggi. È cresciuta a Nässjö, dove si svolge parte della vicenda narrata in Io non mi chiamo Miriam.

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