Lydie Salvayre 


Non piangere 


L’asino d’oro Editore






Il Premio Goncourt è sempre una garanzia. 

Questo romanzo, vincitore dell'edizione 2014, mantiene sicuramente le promesse. 

La guerra di Spagna viene rivisitata in un'ottica diversa dal solito: attraverso lo sguardo di Montse, la protagonista, scopriamo una Spagna dilaniata da profondi conflitti e da forze contrapposte, portatrici di valori e di modelli di organizzazione politico-sociale profondamente differenti. 

Le parole di Montse, ormai novantenne, che racconta alla figlia le vicende di quell'estate del 1936, quando tutto ebbe inizio, colpiscono nel profondo. Con un idioma molto particolare, in cui lo spagnolo e il francese si mescolano formando una sorta di nuovo linguaggio, l'ormai anziana signora rivolge lo sguardo ad un'epoca ormai lontana. Assistiamo così alla fine della Repubblica, al breve momento dell'utopia libertaria, all'ascesa delle forze nazionaliste (sostenitrici del Generale Franco), all'intrusione delle idee comuniste-staliniste, all'ambiguo comportamento della chiesa spagnola (che predica in un modo e dà l'assoluzione alle carneficine dei franchisti dall'altra parte). 

Da tutto ciò scaturisce un affresco essenziale - ma allo stesso tempo potente ed emozionante - di un periodo storico doloroso, in cui le forze della libertà e quelle della repressione si affrontarono a viso aperto, tracciando un solco importantissimo nella storia d'Europa del Ventesimo Secolo. 

Accanto alle parole di Montse, assistiamo alla presa di coscienza di un grandissimo scrittore come Bernanos: uno dei primi intellettuali a rendersi conto dei pericoli insiti nella deriva nazionalista, appoggiata da un clero vergognosamente compiacente. 

Non piangere è un libro importante: fondamentale per comprendere fino il fondo i pericoli insiti nel nazionalismo e nelle sue aberrazioni più estreme, elementi che - purtroppo - scorgiamo quotidianamente anche in questo scorcio di ventunesimo secolo. 




Consigliato: a coloro che amano i resoconti storici, filtrati attraverso uno sguardo personale in grado di conferire pathos e emozione a una vicenda dolorosa e destinata a sconvolgere i destini dell'Europa. 




Voto:7,5/10 


Recensione di Piergiorgio Vigliani.





Lydie Salvayre, scrittrice francese (n. Tolosa 1948). Proveniente da una famiglia spagnola emigrata in Francia per sfuggire al franchismo, laureata in Lettere moderne e successivamente in Psichiatria, ha esercitato questa professione medica per molti anni prima di esordire nella narrativa alla fine degli anni Settanta, pubblicando racconti su riviste letterarie francesi, e quindi, nel 1990, il suo primo romanzo, La déclaration (trad. it. 1991), cui hanno fatto seguito tra i numerosi altri: La vie commune (1991; trad. it. 2001), La medaille (1993), La puissance des mouches (1993) e il fortunato La Compagnie des spectres (1997; trad. it. 1999), che le è valso notorietà internazionale. Scrittrice dallo stile intimista, dotata di un potente sguardo introspettivo che sostanzia trame complesse e credibili, spesso legate al tema autobiografico della guerra, del ricordo e della memoria, della sua copiosa produzione successiva occorre citare tra gli altri: La conference de Cintegabelle (1999), Les belles âmes (2000), Et que les vers mangent le bœuf mort (2002), Passage à l'ennemie (2003), Portrait de l'écrivain en animal domestique (2007), Hymne (2011); 7 femmes. Emily Brontë, Marina Tsvetaeva, Virginia Woolf, Colette, Sylvia Plath, Ingeborg Bachmann, Djuna Barnes (2013) e, nel 2014, Pas pleurer, romanzo sulla guerra civile spagnola in cui si fanno potenti i richiami autobiografici alla storia familiare e per il quale nello stesso anno è stata insignita del Premio Goncourt. (Fonte treccani.it)

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