Giorgio Manganelli

Pinocchio: un libro parallelo

Adelphi Editore



Ci sono libri che parlano più o meno velatamente di altri libri. In questo caso possiamo dire che non solo se ne parla, ma il libro stesso si è fatto contenuto, involucro del libro di cui tratta.

Il Pinocchio di Collodi è un classico della letteratura non solo per l’infanzia, e questa lettura parallela affrontata da Manganelli ce lo dimostra una volta di più, facendoci entrare nelle profondità di una narrazione certamente nota ai più, ma misteriosa nei suoi aspetti più reconditi.
In questa lettura Manganelli ci conduce per mano attraverso il mondo fantastico del più famoso burattino che la letteratura abbia mai creato, smontando pezzo per pezzo i meccanismi narrativi di una vicenda che tutti conosciamo anche solo per sentito dire, rivelando particolari e spunti insospettati e nuovi, attraverso un’indagine della psicologia dei personaggi e continui richiami agli episodi che man mano si dipanano.

Può risultare interessante addentrarsi in queste pagine seguendo due modalità differenti: l’una più analitica, potrebbe essere quella di una lettura o rilettura in contemporanea dei due libri, la favola e il saggio, capitolo per capitolo, in una sorta di viaggio parallelo, così come suggerito dal titolo, per scandagliare meglio e a memoria più fresca, i vari episodi della narrazione collodiana.
La seconda modalità può essere quella di una lettura a sé, a posteriori, come di un saggio/romanzo che racconti di una vicenda nota della quale può risultare piacevole scoprire aspetti dimenticati o anche soltanto non apparsi nel corso di una lontana lettura.

Entrambi i sistemi ci regaleranno comunque nuove emozioni, portandoci a immaginare e rivivere una fiaba per quello che è ma con maggiore consapevolezza, senza togliere il piacere di godere di una storia che riesce a far sognare bambini di tutte le età da oltre un secolo.
Non deve spaventare l’idea che si tratti di un saggio di critica letteraria anzi, si può tranquillamente dire che quella di Manganelli è una narrazione romanzata di una storia che altro non è che una fiaba e come tale vada intesa.

Una lettura parallela e nello stesso tempo autonoma di una favola che resiste nel tempo, come tutte le fiabe che ci hanno aiutato a crescere nel tempo.


Recensione di Roberto Maestri.





Giorgio Antonio Manganelli (Milano, 15 novembre 1922 – Roma, 28 maggio 1990) è stato uno scrittore, traduttore, giornalista, critico letterario, curatore editoriale e docente italiano, nonché uno dei teorici più coerenti della neoavanguardia.

Laureatosi in Scienze politiche presso l'Università degli Studi di Pavia, dove fu allievo di Vittorio Beonio Brocchieri, insegnò per qualche anno alle scuole medie superiori tra le quali il Liceo Paolo Giovio di Como, un liceo scientifico; fu in seguito assistente di letteratura inglese presso la Facoltà di Magistero dell'Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Si dimise poi dall'incarico nel 1971.

Sposò nel 1946 Fausta Chiaruttini (che aveva dovuto cambiare cognome, in realtà si chiamava Preschern), matrimonio faticoso e breve da cui nacque nel 1947 la figlia Amelia Antonia, detta Lietta, che fu cresciuta dai nonni. In questi anni fu uno degli scopritori della giovanissima Alda Merini, cui fu legato da un profondo affetto (e da una fugace e tempestosa relazione) testimoniato dalla stessa poetessa quando gli dedicò la sua prima raccolta poetica, ove, immedesimandosi in Euridice, arrivò ad identificarlo in un novello Orfeo. Quando Manganelli si trasferì a Roma, nel 1953, fu per qualche anno professore di inglese nelle scuole medie e iniziò a collaborare con la RAI, dove lavorò a lungo (soprattutto al terzo programma radio), ideando e scrivendo con Umberto Eco, Alberto Arbasino, Guido Ceronetti, Italo Calvino, Vittorio Sermonti e altri, per esempio Le interviste impossibili.

Prese parte attivamente agli incontri del Gruppo 63 e fu tra i redattori di «Grammatica». Collaborò con numerosi quotidiani come «Il Giorno», «La Stampa», «Il Corriere della Sera», «Il Messaggero», e a vari settimanali («L'Espresso», «Il Mondo», «L'Europeo», «Epoca») e mensili («FMR»).

Fu consulente editoriale delle case editrici Mondadori, Einaudi, Adelphi (dove seguì il suo fondatore Luciano Foà quando lasciò in polemica l'Einaudi), Garzanti e Feltrinelli, e nel 1987 fondò e diresse, con Dante Isella, la Fondazione Pietro Bembo che pubblica l'omonima collana. Fu anche traduttore accurato e molto prolifico.

Dedicò anche numerosi saggi critici alla letteratura italiana e straniera ed operò riscritture e riletture di classici.

Il suo archivio e la sua biblioteca sono conservati presso il Centro per gli studi sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia (Fonte Wikipedia).

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