Giovanna Mozzillo 


La signorina e l’amore 


Marlin Editore



Non esito a definire questo romanzo un capolavoro. L'ho riletto dopo vent'anni e la rilettura si è rivelata preziosa, comunicandomi con nuova chiarezza ciò che ricordavo bene, vale a dire che mi fosse assai piaciuto. Gli spunti sono tanti. Innanzi tutto, l'ambientazione tra il 1925 e il 1942, a Napoli. Una Napoli che non sta solo sullo sfondo della storia narrata ma ne è protagonista, con la sua bellezza ancora intatta, i suoi profumi, la luce, il mare, gli aromi del cibo, la decadenza di certi vecchi palazzi. 

Poi, lo stile di scrittura: impeccabile e nello stesso tempo molto personale, riconoscibile come cifra dell'autrice, e anche agile, moderno, direi "parlato". Non solo i dialoghi sono gestiti con maestrìa e naturalezza ma tutto l'impianto è caratterizzato da frequenti frasi sincopate, che iniziano con parole ripetute, creando un insieme efficacissimo alla lettura, adatto a veicolare concetti tanto semplici quanto complessi. 

"Filtrava dalle imposte una lama sottile di luce - era la luna, o un lampione? - che si rifletteva nella specchiera ovale, e generava un lieve scintillio danzante. Lei pensava: questo è il film della mia vita, un film di cui sono protagonista e di cui sto interpretando l'episodio più avvincente. E in questo film, che è un film di magia, e tiene la pellicola col sonoro (...) in questo film, allora, anche i rumori sanno ammaliare il cuore". 

Infine, la trama, incentrata su un sentimento estremo, totalizzante, un amore vagheggiato, idealizzato ma anche ideale, vissuto dalla protagonista, Rosella, innamorata del concetto di amore "vero" fin da ragazzina e - chissà come - incappata davvero in una relazione descritta come perfetta, sia pure con un uomo sposato ( fatto, per quegli anni, e al Sud, del tutto inconcepibile). 

Una vicenda che ci riporta al tempo dei nostri nonni, in un'epoca in cui ancora la madre veniva chiamata "mammà" ; una donna che vive per anni e anni la clandestinità di una relazione impossibile, sacrificando la propria libertà e il desiderio di maternità per vivere l'avventura di essere amata e che oggi appare anacronistica e sottomessa. In realtà più volte viene sottolineata la libertà della scelta ma anche la sua ineluttabilità e il fatto che l'amore sia per Rosella il cardine e la felicità della vita. Oggi riteniamo tutto ciò assurdo, eppure è una realtà che ha riguardato tante donne ( e uomini, perchè il personaggio maschile ama davvero Rosella), in fondo neppure troppo lontana nel tempo. 

Non si deve però pensare che il libro sia svenevole (idea cui potrebbe condurre il titolo): l'autrice prende di petto i proprio ricordi familiari, arrivando a narrare di se stessa bambina nell'ultima parte del romanzo e alternando piccoli paragrafi in corsivo in forma diaristica, in cui racconta i fatti veri, alle parti di pura narrazione in terza persona, guarnite dalla sua fantasia. 

Il romanzo affronta comunque temi universali; oltre all'amore sentimentale - e a quanto possa essere sacrificato in suo nome- anche quello della ribellione alle prepotenze e alle oppressioni, che all'epoca avevano il volto retorico e ammiccante del fascismo, raccontato "dall'interno", come poteva vederlo una ragazza di "buona famiglia" di quegli anni, imploso nella guerra, portandosi appresso tutta la sua pochezza e le lacerazioni di quei tempi. 

E, inoltre, si parla di amicizia, del tempo che passa, della nostalgia. 

"Allora, osservandole, ho capito che la vecchiaia è una maschera, una maschera grottesca - e a forza questa maschera ti vienecalcata sul viso affinchè gli altri abbiano un alibi per fingere di non riconoscerti, o forse non ti riconosceranno davvero, e invano griderai: sono Io! Loro ti guarderanno sorridenti, sorridenti e stupiti, sorridenti e allarmati, e senza scrjpoli ti escluderanno dal proprio consorzio. Rinnegando patti di reciproca solidarietà e complicità, stipulati (...) al tempo in cui tu eri ancora simile a te stesso, la tua immagine non ti aveva tradito, e l'invereconda trasformazione non era avvenuta - comunque quel che stavo dicendo è che, vedendo come l'intesa tra le due vecchie amiche non fosse stata nè inaridita, nè impolverata, nè devitalizzata dagli anni, io mi son resa conto che, sotto l'ignobile maschera, in fondo al cuore, può succedere si resti giovani per sempre”. 




Recensione di Jo March. 








Giovanna Mozzillo vive e lavora a Napoli. Ha pubblicato: Le alghe di Posillipo (1994, II ed. 2011), Tempo di cicale (1995), Recita napoletana (1999, Premio “Naples in the World”, da cui è stato tratto il lavoro teatrale “Tempo scaduto”, diretto e rappresentato da Gea Martire), La signorina e l’amore (2001, finalista al Premio Morante 2002, II ed. 2002), Lavinia e l’angelo custode (2003), Quell’antico amore (2004), La vita come un gioco (2007, finalista al Premio Melfi 2008), Malgrado tu sia altrove (2014). È coautrice del volume collettivo La guerra e le bambine: sedici nonne raccontano (2014). In edizione Marlin: Ritorno in Egitto (2017) e Il canto del castrato (2019). Collabora alle pagine culturali di vari quotidiani e riviste, tra cui “Corriere del Mezzogiorno” e “Leggendaria”. (Fonte Marlin Editore)

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