Marianna Guida 


La mano sinistra 


GFE Editore




Recensione di Elisa Tomassi. 

In questa raccolta l'autrice non scrive più di sé come aveva fatto, sul filo dell'ironia e dell'introspezione, nelle prime due, ma di personaggi di pura fantasia. 

La lettura di questa terza opera diventata matura mi ha riservato la sorpresa di "fare amicizia" ancora di più e meglio con ciascuno dei protagonisti delle storie e di amarli, quasi fossero persone reali e vive. 

É vero che questa volta Marianna Guida non parla di sé ma come non riconoscere in alcuni smarrimenti, curiosità, riflessioni, il tocco del suo sguardo, fatto di grazia, leggerezza e incisività nello stesso tempo? 

La prosa è, come sempre, ricca di elementi descrittivi e riflessivi ma sono i singoli ritratti dei personaggi, soprattutto maschili, a dominare la scena e a fare di questa raccolta un piccolo gioiello. 

Si tratta in più parte delle storie di bambini e adolescenti, di giovani in crescita che subiscono spesso attenzioni eccessive da parte di madri fin troppo presenti nelle loro vite, in alcuni casi anche a causa di malattie (come in "Mi chiamo Maria e forse sto morendo" e "Come riconoscere le voci"). 


"Il primo gesto della giornata, subito dopo aver aperto in modo deciso l'avvolgibile della mia stanza, era quello di poggiarmi la mano fresca sulla fronte. "Come ti senti oggi?" mi diceva e quella frase, ripetuta ogni santa mattina per un intero mese, scavò dentro di me una sola certezza: ero malato." (da "Un uomo diviso in due"). 


Un monito delicato per noi genitori che tante volte ci ostiniamo a guardare solo il dito e non la luna che si racchiude dietro i nostri figli. 

In altre vicende ci sono uomini adulti che, per quanto ci suggeriscono i rispettivi comportamenti, sono rimasti ancorati ai loro tic infantili e, ancora una volta, schiacciati da madri ingombranti.


"Una volta, nel giorno della prova di matematica, poco prima di andare a scuola, la madre gli aveva accarezzato la guancia e gli aveva detto "Tu sei bravo, non hai nulla da temere". La frescura di quel tocco lo aveva accompagnato fino al portone della scuola" (da "Vergogna").


Ogni personaggio presenta dei forti conflitti interiori, quasi sempre celati dietro patine di apparente perfezione, che costuiscono la base di una sorta di impalcatura delle personalità; non a caso, quello che di più mi è parso libero nelle proprie azioni, anche originali, è il padre di Antonio, ragazzino protagonista del primo racconto ("Il pastorello rotto"), nonostante il suo essere inquietante e misterioso. 

E ancora, nei racconti "Quando Clara diventò grande" e "La bicicletta", lo sguardo si sposta su ragazzine alle prese con problemi più grandi di loro, elementi di rottura degli equilibri che ne segnano e favoriscono le rispettive crescite interiori. 

Giunta al termine della lettura, le tante voci cui Marianna ha donato vite così vivide mi suggeriscono che siamo tutti imperfetti e che, forse, conoscendo le nostre fragilità e le strade antiche da cui prendono avvio, sapremo amarci di più, magari salvandoci anche grazie alle parole, come il piccolo Alfonso Ferrigni, che diventerà medico sicuro e uomo tormentato (da "Vergogna") . 

Parole dette, scritte, narrate, bisbigliate, cantate, recitate, in tutte le loro forme. Parole vitali.







Marianna Guida è nata a Napoli, dove è sempre vissuta. Insegna Lettere in un Liceo della città. È sposata e ha un figlio. Ha collaborato alla rivista “Didattica della Storia” e si occupa di scrittura creativa. Le piace viaggiare e pratica yoga e meditazione da anni.

Link all'acquisto del volume:


L'Anello di Clarisse sostiene le librerie indipendenti.

Commenti

Post popolari in questo blog