Daniel Di Schüler


Extramundi


Lambrusco, Galizia e forse anche Hitler


Edizioni Low




Recensione di Roberto Maestri.


Ami, vous noterez que par le monde y a beaucoup plus de coillons que d’hommes, et de ce vous souviennes.

François Rabelais, Gargantua e Pantagruel, libro V, capitolo VIII.


È con questa citazione che si apre il libro di Daniel Di Schüler, e in questa frase è racchiusa l’essenza del romanzo. Un racconto che si basa sull’ingenuità e il desiderio di illusione, di come siamo disposti a credere l’incredibile pur di soddisfare i nostri desideri e rendere accettabili le nostre convinzioni.

L’illusione su cui si basa la trama è quella di un fantomatico quanto rocambolesco destino alternativo del dittatore nazista che non sarebbe morto suicida nel bunker berlinese, ma fuggito e stabilito nella Spagna franchista a terminare i suoi giorni come qualunque pensionato.

Fino a qui la fake news.

Il problema nasce quando frotte di nostalgici del regime nazista si insedia in quello che è nel frattempo diventato un hotel ricavato dal palazzo in cui il dittatore avrebbe soggiornato.

Artefice di tutto questo è Sergio Maffazzoni, un italiano che si trova erede di una casa appartenuta alla nonna in Galizia e, complice una crisi esistenziale conseguente a un divorzio, decide di aprire un hotel dopo aver ristrutturato il casolare e farne il ricettacolo di cultori del mito nazista. Questo non a seguito di simpatie verso quell’ideologia, ma avendo osservato lui, originario di Predappio, quanto succede nel suo paese natale, nei giorni di commemorazione del sodale italiano di Hitler.

Tutto va bene fino a quando la situazione non comincia sfuggire di mano al protagonista e qui cominciano i guai.

Il tutto è raccontato con una vena di ironia che è anche la cifra stilistica del nostro autore, il quale già nei precedenti romanzi aveva retto le sue trame infarcendole di metafore paradossali e situazioni al limite del grottesco a partire dal romanzo d’esordio, Un’odissea minuta edito da Baldini & Castoldi, che gli valse la menzione speciale al Premio Calvino.

E si potrebbe definire calviniano lo stile con il quale la trama si sviluppa, dove l’elemento comico fa da cornice a spunti di riflessione sulla nostra società attuale, investita da informazioni non sempre verificate e ancor meno veritiere che si prestano in breve tempo a diventare verità assolute solo perché reiterate a spron battuto dagli organi di (dis)informazione.

Un romanzo dove si sorride, si ride e si riflette. Un racconto che mette a nudo certe superficialità in cui siamo immersi, presi come siamo a correre da tutte le parti tranne quella che ci dovrebbe portare verso una concreta ricerca di ciò che effettivamente è reale.

Un romanzo profondo come soltanto l’ironia sa essere, con i suoi momenti di leggerezza ma anche con una sensazione di amaro che traspare fra le righe, lasciando il lettore a pensare a quali siano i rischi che si corrono in una società dove vero e falso si mescolano in un turbinio di informazioni e notizie che ci investono quotidianamente e che non abbiamo il tempo di soppesare.


“In fondo era stato facile. Li vide per quello che erano: belve, ma disposte a obbedire al domatore. Un’illusione che lo avrebbe forse aiutato a sopravvivere qualche altro giorno o mese o anno, se non avesse finito per guardare anche se stesso.”




L’autore:


Daniel Di Schüler è nato a Como nel 1964. Dopo aver girato il mondo, si è fermato con moglie e figli in un villaggio del litorale galiziano. Ha esordito come narratore nel 2016 con Un’odissea minuta (Baldini & Castoldi) romanzo che ha ottenuto la Menzione Speciale al Premio Calvino, al quale hanno fatto seguito 240 battiti al minuto (Albe Edizioni, 2019) illustrato da Cristian Di Schüler, e L’ora che il tempo dice (ExCogita, 2020).

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