MAURO COVACICH

A PERDIFIATO

LA NAVE DI TESEO.









Mai titolo fu più azzeccato non solo per la trama che sviluppa ma anche per lo stile coinvolgente nel quale accompagna il lettore nella sua corsa verso la parola fine.

Un romanzo fatto di allunghi veloci e riprese lente, cambi di ritmo e di passo proprio come se anche chi legge partecipasse alle sessioni di allenamento alle quali è sottoposta la squadra femminile di maratona della nazionale ungherese preparata da un allenatore italiano, un maratoneta triestino la cui carriera di atleta è in fase discendente per questioni di età e di prestazioni non proprio esaltanti.

Sullo sfondo un disastro ambientale in atto c
he ha per teatro una cittadina magiara al confine con la Romania, dove un impianto chimici si rende responsabile di uno sversamento di sostanze inquinanti, nello specifico cianuro, nelle acque del fiume che attraversa la regione.

I vapori mefitici che appestano l’aria accompagneranno le vicende nelle quali si troverà coinvolto il nostro allenatore, protagonista del classico dilemma che lo farà oscillare fra l’illusione di una nuova vita amorosa nel luogo del suo nuovo lavoro e il ritorno alla rassicurante vita familiare che lo attende a Trieste, fra figli naturali in arrivo e un’adozione in procinto di realizzare il sogno di una vita.

Dario, il protagonista, è un uomo che si ritrova di fronte a una svolta, professionale e di vita, dovendo smettere l’attività agonistica in prima persona e affrontare al contempo scelte che riguardano la propria vita familiare. In mezzo a tutto questo irrompe la classica femme fatale a scombinare un’esistenza già di per sé precaria, ammaliando con il fascino della giovane età un uomo che farà della debolezza di carattere un tratto distintivo della sua essenza.

Fin qui la trama che si dipana per tutto il corso del romanzo, scritto in uno stile scorrevole e mai banale, dove i pensieri e le emozioni del nostro protagonista si susseguono facendoci penetrare nell’intimità di un’anima tormentata e al contempo mostra le fragilità di due donne, la moglie rimasta a casa e l’amante che cerca di trattenere a sé il suo nuovo amore, in un sottile gioco assolutamente credibile, per come viene narrato.

A perdifiato è un libro, se mi è consentito il gioco di parole, che si legge tutto d’un fiato, uno di quei romanzi che dispiace abbandonare quando si giunge all’ultima pagina.






Mauro Covacich (Trieste, 1965) è autore della raccolta di racconti La sposa (2014, finalista premio Strega) e di numerosi romanzi. Presso La nave di Teseo ha pubblicato in una nuova edizione il “ciclo delle stelle”, A perdifiato (2003), Fiona (2005), Prima di sparire (2008), A nome tuo (2011, da cui Valeria Golino ha tratto il film Miele), La città interiore (2017, finalista premio Campiello), Di chi è questo cuore (2019), Colpo di lama (nuova edizione 2020). Nel 1999 l’Università di Vienna gli ha conferito l’Abraham Woursell Award. Vive a Roma.


Autore Roberto Maestri.

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