Carlo Ginzburg


Il formaggio e i vermi


Edizioni Adelphi











“Aveva letto pochi, casuali libri. Di questi libri, aveva masticato e spremuto ogni parola. Ci aveva rimuginato su per anni; per anni parole e frasi avevano fermentato nella sua memoria.”


Poteva un mugnaio vissuto sul finire del 1500 tenere testa con argomentazioni pertinenti, a un tribunale della Santa Inquisizione? Questa storia, la storia di Menocchio, soprannome di Domenico Scandella mugnaio in Montereale nei pressi di Pordenone, sembra dirci che era possibile.

Perché è proprio questo che succede nella vicenda descritta dallo storico Carlo Ginzburg, dove abbiamo un rappresentante di quelle che un tempo si definivano le classi subalterne, la ricerca è datata 1976, e che a malapena è in grado di leggere e scrivere ma soprattutto comprendere testi a carattere religioso se non teologico e che nonostante tutto riesce ad argomentare le sue tesi pur con tutti i limiti del caso, di fronte ai dottori della fede, ritenuti portatori di quella verità che tutti erano tenuti ad accettare.

Il povero mugnaio, portatore di una grande colpa già allora stigmatizzata, quella della passione per la lettura, si trova suo malgrado a riflettere e meditare su ciò che legge ea trarre dai pochi libri di cui viene in possesso, o perché acquistati sui banchi di Venezia per pochi soldi o prestatigli da altri appassionati cospiratori di quell’insana attività e il frutto di quelle meditazioni che ne scaturisce è una visione della fede e della cosmogonia del tutto personale, filtrata attraverso culture orali tramandate nel suo mondo da epoche remote e successivamente raffinate grazie alle parole contenute nei testi dei quali entra in possesso.

La prima e forse più interessante meditazione è proprio quella che dà il titolo al presente volume: Il formaggio e i vermi, una metafora che usa il Menocchio per descrivere la sua idea di formazione dell’universo in contrasto con il libro della Genesi, dove l’elemento primordiale è una sorta di caos dal quale, proprio come nel formaggio, si formano spontaneamente i vermi che rappresenterebbero Dio e gli angeli i quali daranno inizio alla creazione così come la vediamo. Si può immaginare la reazione dei Padri inquisitori al suono di queste parole ma la cosa curiosa è che essi, pur rifiutando una visione tanto blasfema alle loro orecchie, si incaponiscono a discutere con l’imputato, cercando di comprendere dove e come un povero semianalfabeta possa aver tratto idee tanto bislacche.

La ricerca di Ginzburg riporta fedelmente i verbali degli interrogatori di quel processo, le testimonianze dei compaesani del Menocchio, le vicende e gli inquadramenti storici riguardati le eresie fiorenti nell’Europa centro meridionale dell’epoca, in pieno fermento a seguito della riforma luterana e del successivo concilio di Trento.

La peculiarità di questa ricerca è dovuta anche e soprattutto a un ribaltamento della concezione della Storia e della sua narrazione: un fare Storia che nel periodo in cui è stata portata avanti, siamo alla metà degli anni ‘70 del Novecento, compie un ribaltamento strutturale nella sue metodologie non più basate esclusivamente sulla documentazione di fatti e personaggi per così dire “alti” ma occupandosi anche di elementi presi dal basso, da quella cultura composta da persone normali, il cosiddetto volgo, ed è proprio questo aspetto che lo storico autore di questo bellissimo libro pone in risalto nella presentazione ma soprattutto nella postfazione scritta nell’anno della ristampa di questo stesso volume, il 2019.

“In passato si potevano accusare gli storici di voler conoscere soltanto le « gesta dei re ». Oggi, certo, non è più così. Sempre più essi si volgono verso ciò che i loro predecessori avevano taciuto, scartato o semplicemente ignorato. «Chi costruì Tebe dalle sette porte? »chiedeva già il «lettore operaio »di Brecht. Le fonti non ci dicono niente di quegli anonimi muratori: ma la domanda conserva tutto il suo peso.” (Dalla prefazione dell’autore al volume).

Un libro di storia che si legge come un romanzo, pur sapendo che ciò che viene riportato sono soltanto fatti realmente accaduti, la storia di un piccolo uomo che si è trovato suo malgrado a dover difendere idee troppo grandi per lui ma che ugualmente ha voluto tenere fede alle proprie convinzioni, senza tema di pagarne le conseguenze.









Carlo Ginzburg (Torino, 15 aprile 1939) è uno storico, saggista e accademico italiano.

Figlio di Leone, ebreo, e di Natalia Levi in Ginzburg (di padre ebreo e madre cattolica), fratello dell'economista Andrea Ginzburg, ha studiato all'Università di Pisa ed alla Scuola Normale, quindi al Warburg Institute di Londra; ha insegnato storia moderna all'Università di Bologna e poi a Harvard (Boston), Yale (New Haven), Princeton e UCLA (a Los Angeles, dove è stato anche titolare di una cattedra di storia del rinascimento italiano). Dal 2006 al 2010 ha insegnato Storia delle Culture Europee alla Normale di Pisa.

Attento studioso degli atteggiamenti religiosi e delle credenze popolari all'esordio dell'età moderna, ha pubblicato nel 1966 I Benandanti, ricerca sulla società contadina friulana del Cinquecento che illumina, sulla base di un cospicuo materiale documentario relativo ai processi inquisitoriali, il rapporto dialettico tra un complesso sistema di credenze capillarmente diffuse nel mondo contadino, esito probabilmente dell'evoluzione di un antico culto agrario con caratteristiche sciamaniche, e la sua interpretazione da parte degli inquisitori, che tendono a una semplificante equiparazione con i codificati moduli della stregoneria. Alcuni storici hanno espresso varie critiche all'interpretazione data da Ginzburg dei benandanti: Cohn ha scritto che non c'era nulla nelle fonti che potesse giustificare l'idea che i benandanti fossero una sopravvivenza di un vecchio culto della fertilità; Hutton ha scritto che l'affermazione di Ginzburg che le tradizioni dei benandanti fossero la sopravvivenza di pratiche pre-cristiane era basata su imperfette basi concettuali e che non era confermata da alcuna evidenza documentale.

Con Il formaggio e i vermi (1976) prende invece in esame le vicende di un mugnaio friulano del XVI secolo, Menocchio, per due volte sottoposto a processo da parte dell'Inquisizione Romana. In questo libro Ginzburg evidenzia, ancora una volta sulla base di un'analisi delle carte processuali, i diversi aspetti dell'universo sorprendentemente variegato degli orientamenti culturali, filosofici, politici e religiosi di Menocchio, soltanto in minima parte riconducibile agli influssi della cultura "alta".

In virtù dell'esperienza maturata nel campo della ricerca relativa alla storia delle mentalità, condotta generalmente mediante l'analisi di figure apparentemente poco importanti, ma giudicate emblematiche di orientamenti in realtà ampiamente diffusi, è stato invitato a scrivere il saggio Folklore, magia, religione per il primo volume della Storia d'Italia della Einaudi (I caratteri originali). Negli anni Ottanta ha diretto con Giovanni Levi per l'Einaudi la collana "Microstorie".

(Fonte Wikipedia).


Autore Roberto Maestri.

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