Erri De Luca


I pesci non chiudono gli occhi


Feltrinelli Editore









“Te lo dico una volta e già è troppo: sciacqua le mani a mare prima che metti il morso all’esca. Il pesce sente odore, scansa il boccone che viene da terra. E fai tale e quale a come vedi fare, senza aspettare uno che te lo dice. Sul mare non è come a scuola, non ci stanno professori. Ci sta il mare e ci stai tu. E il mare non insegna, il mare fa, con la maniera sua.”


È l’incipit de I pesci non chiudono gli occhi, romanzo breve a carattere autobiografico di Erri De Luca, che ritrova i suoi dieci anni in un’estate sull’isola che potrebbe essere Capri o Ischia, luogo di vacanza dove l’autore soggiorna con la mamma, mentre il padre è negli USA a cercar fortuna. Siamo nell’estate del 1960 con un bambino che comincia a stare scomodo in un corpo che non vuole crescere allo stesso ritmo del suo pensiero, delle sue letture e della sua passione per l’enigmistica ma soprattutto per la scoperta di un sentimento che al momento è soltanto emozione e nemmeno troppo ben definita e non sa ancora di chiamarsi amore.

“A dieci anni l’età si scrive per la prima volta con due cifre. È un salto in alto, in lungo e in largo, ma il corpo resta scarso di statura mentre la testa si precipita avanti. D’estate si concentra una fretta di crescere. Un uomo, cinquant’anni dopo, torna coi pensieri su una spiaggia dove gli accadde il necessario e pure l’abbondante. Le sue mani di allora, capaci di nuoto e non di difesa, imparano lo stupore del verbo mantenere, che è tenere per mano.”

Lo stile del racconto è il consueto per chi già conosce la scrittura di De Luca, fatto di frasi brevi e concise ma dense di immagini e iperboli letterarie che a volte lasciano senza fiato. De Luca scrive come parla, per averlo ascoltato più di una volta in situazioni pubbliche, con uno stile asciutto che sa arrivare direttamente al punto della questione senza tralasciare forme che hanno spesso sentore di poesia.

Il racconto scorre nelle parole di Erri bambino, con il mondo filtrato attraverso i suoi dieci anni, con il rapporto coi grandi lui che grande non è ancora anche se aspira ad esserlo, fino a immolarsi in una resa dei conti che dovrebbe consentirgli quel salto di personalità che altrimenti non riuscirebbe a fare. Vengono anche citati aspetti futuri della sua vita: l’esperienza delle lotte politiche degli anni della rivolta studentesca, il duro lavoro in cantiere negli anni del disincanto, al suo rapporto con le montagne che ha scalato, la neve, le valanghe e i silenzi di quell’ambiente non più ostile, la caparbietà del suo corpo, ormai adulto, a resistere e reinventarsi scrittore di romanzi e traduttore di testi sacri lui, che per sua stessa ammissione, non riuscirà mai a dare del tu a Dio.

Un De Luca inusuale ma ugualmente riconoscibile, capace di mettere a nudo le fragilità di un bambino ma anche quelle dell’adulto, del rapporto irrisolto con suo padre, tornato da un’America alla quale aveva rinunciato e nel ricordo perenne e insoddisfatto di un amore, la ragazza della spiaggia, esaurito nei pensieri che quell’età autorizzava.

Un libro che chi conosce già De Luca potrà apprezzare ma anche un’occasione per entrare nel suo mondo se sconosciuto, partendo da un’infanzia raccontata da un uomo non sempre amato ma che ha fatto della schiettezza di ragionamento e di espressione, una ragione di vita.









Enrico De Luca, detto Erri (Napoli, 20 maggio 1950), è uno scrittore, giornalista, poeta e traduttore italiano.

Il suo nome deriva da quello dello zio Harry, di cui è l'italianizzazione. Ha studiato al Liceo classico Umberto I. Nel 1968, a diciotto anni, andò a Roma e aderì a Lotta Continua. Nel 1976 lasciò l'impegno politico.

Per vivere, ha svolto molti mestieri manuali, in Italia e all'estero, fu operaio qualificato, camionista, magazziniere, muratore. Fu operaio in fabbrica, muratore a Napoli dopo il terremoto, muratore in Francia, volontario in Tanzania, dove contrasse la malaria, operaio di rampa in aeroporto a Catania, muratore a Milano e a Roma, fino al 1997. Durante la guerra della ex Jugoslavia fece l'autista di convogli umanitari. Nel 1999 fu a Belgrado durante il periodo dei bombardamenti della NATO.

Ha studiato da autodidatta diverse lingue, tra cui il russo, lo swahili, lo yiddish e l'ebraico antico, da cui tradusse alcuni libri della Bibbia. Lo scopo di quelle che ha chiamato “traduzioni di servizio" non era quello di fornire il testo biblico in lingua facile o elegante, ma di riprodurlo nella lingua più simile e più obbediente all'originale ebraico.

La pubblicazione, come scrittore, del suo primo romanzo Non ora, non qui, una rievocazione della sua infanzia a Napoli, avvenne nel 1989, a quasi quarant'anni. Tradotto in francese, spagnolo, inglese e 30 altre lingue, tra il 1994 e il 2014 ha ricevuto il premio France Culture per Aceto, arcobaleno, il Premio Laure Bataillon per Tre cavalli, il Prix Femina étranger per Montedidio, il Premio Petrarca in Germania, Le Prix Européen de la Littérature a Strasburgo, il Premio Leteo in Spagna, il Premio Jean Monnet in Francia. Ha collaborato con articoli di opinione a diversi giornali (La Repubblica, Il Corriere della Sera, Il manifesto, Avvenire).

Nel 2003 ha fatto parte della giuria della 56ª edizione del Festival di Cannes, presieduta dal regista francese Patrice Chéreau, che ha assegnato la Palma d'oro per il miglior film a Elephant di Gus Van Sant. Il critico letterario del Corriere della Sera Giorgio De Rienzo in un articolo del 2009 lo ha definito "scrittore d'Italia del decennio".

Ha scritto anche di montagna, della quale si è più volte definito un grande amante. Fu suo padre, un anziano militare del corpo degli Alpini, a trasmettergli questa passione. È conosciuto nel mondo dell'alpinismo e dell'arrampicata sportiva. Nel 2002 è stato il primo ultracinquantenne a superare un 8b, alla Grotta dell'Arenauta di Gaeta (8b+). Nel 2005 ha partecipato a una spedizione himalayana con l'amica Nives Meroi, esperienza narrata nel libro Sulla traccia di Nives. È amico e coetaneo di Mauro Corona, con il quale condivide sia la passione sportiva che quella letteraria. Nel 2014, è stato membro della giuria del Piolet d'Or, un premio francese di alpinismo. (Fonte Wikpedia).

Autore Roberto Maestri.

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