Tahar Ben Jelloun


Creatura di Sabbia


Giulio Einaudi Editore







La storia di Ahmed è una storia di sofferenza, di tormento e di rifiuto, di una tardiva presa di coscienza e di un riscatto tentato e solo in parte riuscito. 

Una storia sfumata nel mito e a cui ciascuna delle voci narranti del romanzo conferisce la sua quota di autenticità. 

Ahmed è un non-essere, una creatura dannata che viene plasmata, volta per volta, dalle voci di chi la racconta, voci che le danno forma come le mani di abili artisti al lavoro sulla stessa scultura di sabbia. 

La favola della bambina cui viene negata la propria natura ha la poesia e i profumi della notte araba, una notte velata dai vapori delle acque dell'hamman, attraverso i quali, come in un sogno, scorgiamo scampoli di vita arida, fatta di privazioni e di inganni, ma anche di scoperte e di rivelazioni, una vita che freme di desiderio, si contorce nel suo anelito di libertà, manda in frantumi gli specchi che le rimandano continuamente l'immagine di ciò che non è e sfugge al bozzolo che la teneva prigioniera per riappropriarsi di ciò che le è stato usurpato, col bramoso vigore dell'assetato smarrito nel deserto cui viene offerta un otre d'acqua di sorgente... e quanto poco importa in quel momento capire se quell'acqua è avvelenata o drogata o se chi la sta offrendo chiederà un prezzo in cambio e se si sarà poi in grado di pagarlo quel prezzo... poco o nulla importa... nulla... 

Il grido di dolore strozzato di un'anima deviata dal proprio percorso, la cui supplica, priva di lacrime, giunge all'orecchio e al cuore del lettore attraverso la drammatica bellezza delle parole scelte e magistralmente tessute insieme dall'autore di questo libro, un libro lirico, alchemico, che lascia dietro di sé una scia di compassione e di rabbia. 

Tahar Ben Jelloun offre al lettore un'esperienza mistica e, allo stesso tempo, sensoriale, un viaggio alla ricerca di una verità da troppe voci rielaborata, che ha i contorni indefiniti e magici di un miraggio... 

Molto, molto bello.


"Me ne vado in punta di piedi. Non voglio essere troppo pesante nel caso in cui gli angeli venissero per portarmi fino al cielo. Ho svuotato il mio corpo e incendiato la mia memoria. Sono nato in mezzo a un fasto e a una gioia costruiti artificialmente. Me ne vado in silenzio. Sono stato l'ultimo e il più solitario degli umani, escluso dall'amore e dell'amicizia e in ciò ben inferiore al più imperfetto degli animali. Sono stato un errore e non ho conosciuto nella mia vita altro che maschere e inganni..."







Tahar Ben Jelloun (1º dicembre 1944) è uno scrittore, poeta e saggista marocchino, principalmente noto per i suoi scritti sull'immigrazione e il razzismo.

Tahar Ben Jelloun nasce a Fès, nell'allora Marocco francese, il 1º dicembre del 1944 in un'agiata e antica famiglia della città. Ben Jelloun trascorre la sua adolescenza a Tangeri e compie gli studi di filosofia presso l'Università di Rabat, dove comincia a scrivere le sue prime poesie in francese, raccolte poi sotto il titolo di Hommes sous linceul de silence (1971). In patria, ha svolto per diversi anni il ruolo di docente di filosofia ma, a causa dell'arabizzazione dell'insegnamento (e non essendo egli abilitato alla pedagogia in lingua araba), si è trovato costretto nel 1971 a emigrare in Francia, a Parigi, dove tre anni dopo ha conseguito un dottorato in psichiatria sociale, sulla confusione mentale degli immigrati ospedalizzati, la cui tesi verrà in seguito pubblicata col titolo L'estrema solitudine. La sua esperienza di psicoterapeuta sarà poi riversata nel romanzo La Réclusion solitaire ("La reclusione solitaria", 1976). Nel frattempo continua a scrivere, sempre esclusivamente in francese, collaborando regolarmente col quotidiano Le Monde. Oggi vive a Parigi ed è padre di quattro figli.

Il suo primo romanzo, Harrouda, è del 1973. Con il Premio Goncourt assegnatogli per La Nuit sacrée nel 1987, è divenuto lo scrittore straniero francofono più conosciuto in Francia. Interviene con dibattiti e articoli sui problemi della società, soprattutto sul problema della periferia urbana e del razzismo. Nel 1993 ha vinto il Premio Giornalistico Archivio Disarmo-Colombe d'oro per la Pace nell'ambito della nona edizione. Nel 2004 ha ricevuto il Premio Letterario Internazionale Giuseppe Tomasi di Lampedusa per Amori stregati. Con il libro Il razzismo spiegato a mia figlia e per il suo profondo messaggio gli è stato conferito dal segretario delle Nazioni Unite il Global Tolerance Award e nel 2006 ha vinto il Premio Internazionale Trieste Poesia.

Tahar Ben Jelloun è lo scrittore in lingua francese più tradotto al mondo. The Sand Child (Threshold, 1985) e The Sacred Night (Prix Goncourt, 1987) sono stati tradotti in quarantatré lingue, incluse (oltre alle lingue araba, inglese e altre europee) quella indonesiana, vietnamita, hindi, ebraica, giapponese, coreana, cinese, e altre ancora. Il razzismo spiegato a mia figlia (un bestseller di oltre 400 000 copie), è tradotto in trentatré lingue, incluse tre delle undici lingue principali del Sudafrica (afrikaans, swati e 'ixixhosa), bosniaco ed esperanto. La maggior parte dei suoi libri sono stati tradotti in arabo, alcuni dallo stesso autore.

Dal 2008 fa parte dell'Académie Goncourt. Dal 2011 è membro della giuria del premio letterario Guillaume-Apollinaire. Nel 2013 ha vinto il Premio Nazionale Vincenzo Padula - Sezione "Narrativa Internazionale".



Autore Luigi Giampetraglia.

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