Philip K. Dick


Mary e il gigante


Fanucci Editore








“Piccola città, bastardo posto

Appena nato ti compresi o fu il fato che in tre mesi mi spinse via

Piccola città io ti conosco

Nebbia e fumo non so darvi il profumo del ricordo che cambia in meglio

Ma sono qui nei pensieri le strade di ieri, e tornano

Visi e dolori e stagioni, amori e mattoni che parlano”


L'inizio di questa canzone di Francesco Guccini potrebbe fare da corollario per Mary e il gigante, romanzo scritto fra il 1953 e il 1955 da Philip K. Dick quando questi, allora poco più che ventenne, era alla ricerca di uno stile che caratterizzasse la sua scrittura e pubblicato postumo nel 1987.

E se questo romanzo ha rappresentato una scommessa per l'autore, possiamo affermare che questa scommessa sia stata vinta.

La storia in breve è molto semplice: Mary, una ragazza che vive in una città della California Meridionale, si trova troppo presto alle prese con una vita che rifiuta, dopo aver subito un abuso da parte del padre e un successivo tentativo di approccio ad opera di quello che poi diventerà il suo datore di lavoro, Joseph, gestore del negozio di dischi che successivamente la aiuterà a trovare dove dormire, dopo che Mary avrà lasciato il suo amante, il cantante da night di colore Carleton Tweaney, a sua volta coinvolto nella morte accidentale di Danny, amico di Joseph e invaghito di Beth, la quale ha avuto una relazione con il cantante. Mary si trascinerà fra un alloggio e l'altro per sfuggire da una realtà che la opprime, alla ricerca di una normalità che le appare irraggiungibile.

È necessario però fare alcune considerazioni a margine della lettura di questo romanzo: dobbiamo tenere presente che questo è uno dei primi romanzi scritti da quello che diventerà uno dei maggiori autori di fantascienza allora poco più che ventenne; la genesi del romanzo ha subito molti rimaneggiamenti a causa degli interventi censori che ne ostacolavano la pubblicazione; nella versione giunta a noi troviamo personaggi che nel corso delle diverse versioni cambiano il colore della pelle a favore di sfumature più chiare; il finale è stato modificato per poter incontrare maggiori favori del pubblico; la struttura del romanzo ha subito numerosi interventi anche a causa dell'inesperienza di un giovane scrittore che non poteva avere ancora l'autorevolezza per imporre le proprie idee agli editori.

Ma è proprio qui a mio avviso, la peculiarità che rende interessante Mary e il gigante, il fatto di essere nonostante tutto riuscito a diventare un romanzo con una propria vitalità e dare in ogni caso un'idea di quello che poteva essere la vita in una cittadina provinciale degli Stati Uniti negli anni del dopoguerra, in una società con forti discriminazioni razziali e dove il ruolo delle donne, ancora più se dotate di personalità al di fuori di determinate convenzioni, era fortemente condizionato.

Lo stesso personaggio di Mary per alcuni richiamerebbe la figura della sorella gemella di Dick morta dopo pochi giorni dalla nascita, un fantasma che ha accompagnato il fratello sopravvissuto nell’attesa che lui la raggiungesse nella tomba che la madre aveva preparato per entrambi, con tanto di lapide con già scritti i nomi dei due gemelli. Da qui si può comprendere il travaglio interiore nel costruire il personaggio da parte di uno scrittore se vogliamo ancora inesperto ma che ha saputo crescere nel tempo.

Senz'altro Mary e il gigante non si può considerare il miglior romanzo di Dick ma a mio parere è quello che fa intravvedere le potenzialità di un autore che avrebbe contribuito a portare la fantascienza a oltrepassare i cliché di un genere considerato minore e probabilmente non è il libro giusto per conoscere Dick o quantomeno non è quello che meglio lo rappresenta.

A mio parere Mary e il gigante racchiude in nuce tutte le tematiche che poi verranno sviluppate nel corso delle sue scritture successive, in un'anticipazione forse inconscia delle angosce di cui saranno permeati suoi romanzi. Una scatola cinese in cui è possibile trovare, a cercare bene, tutti gli universi dickiani che saranno svelati nei suoi romanzi scritti in seguito.

La traduzione è di Tommaso Pincio.








Philip K. Dick, all'anagrafe Philip Kindred Dick (Chicago, 16 dicembre 1928 – Santa Ana, 2 marzo 1982), è stato uno scrittore statunitense.

In vita noto perlopiù nell'ambito della fantascienza, la sua fama crebbe notevolmente presso la critica e il grande pubblico dopo la sua morte, in Patria così come in Europa (in Francia e in Italia negli anni ottanta divenne un vero e proprio scrittore di culto, anche in seguito al successo del film Blade Runner del 1982, liberamente tratto dal suo romanzo Il cacciatore di androidi), venendo dunque ampiamente rivalutato come un importante autore postmoderno, precursore della corrente artistico-letteraria dell'Avantpop. Gli sono stati dedicati molteplici studi critici che lo collocano ormai tra i classici della letteratura contemporanea.

Temi centrali dei suoi visionari racconti e romanzi, per molti aspetti antesignani delle atmosfere tipiche del cyberpunk, sono i molteplici processi manipolativi del tessuto sociale da parte delle strutture di potere, la simulazione e dissimulazione della realtà, la comune concezione del "falso", l'assuefazione alle sostanze stupefacenti - con annessi disturbi psichici da essa scaturitevi - e l'indefessa indagine gnostico-mistica del divino.


Autore Roberto Maestri.

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