Dušan Jelinčič

Gli eroi invisibili dell'Everest

Bottega Errante Editore



L'idea di scrivere questo romanzo mi è venuta al campo base dell'Everest, nel 1990, quando stavo bighellonando tra le tende degli sherpa per allentare la tensione prima del mio ultimo tentativo di salire in vetta. Mi ricordo che, osservando distrattamente gli sherpa che giocavano a dadi, fui travolto da un'energia spirituale talmente forte che ebbi l'impressione che si stesse avvicinando una tempesta. Per lunghissimi attimi mi sentii mancare la terra sotto i piedi e dovetto sedermi per non cadere. Tornai in fretta alla mia tenda ancora avvolto in quell'aura estatica che mi cingeva la testa come volesse trasmettermi qualcosa. Forse un avvertimento. Domani salirò la Dea madre dell'universo e nulla sarà più come prima.”


Con queste parole Dušan Jelinčič spiega come è nata l'idea di questo libro, scritto in realtà sei anni dopo quella spedizione, un romanzo che si può ben definire d'alta quota, come di vette elevate sono i pensieri che attraversano la mente di Mark, l'io narrante che prova a scalare la maggiore cima del pianeta, ma anche quelle che sono le asperità del suo animo, in costante ricerca del senso di una vita che sta scivolando lungo una china routinaria, o come direbbe la canzone, senza un vero perché, proprio come stava accadendo all'autore di questo romanzo per sua stessa ammissione, il quale ad un certo punto della sua vita, decide o meglio coglie al volo l'opportunità di dare una svolta alla propria quotidianità, partecipando a una spedizione himalayana.


Nella finzione romanzesca, l'occasione per la spedizione verso la cima del Sagarmatha, il nome nepalese del Monte Everest, è data dal desiderio di scoprire le cause della disgrazia occorsa l'anno precedente a due alpinisti amici di Mark e di Paul, il capo cordata del gruppo di scalatori che si cimenterà nella sfida al più ambito ottomila della Terra.

La vicenda si svolgerà lungo l'ascesa dai campi base che via via saranno conquistati dal gruppo di alpinisti verso la vetta, fra relazioni complesse e intricate, dinamiche relazionali rese difficili dalla eterogeneità dei componenti la spedizione internazionale, spinti come sono dall'ambizione e la smania di raggiungere un traguardo ambito quanto portatore di prestigio nell'ambiente delle scalate.

In tutto questo Mark, il nostro protagonista e forse un alter ego dell'autore, si trova ad essere quasi un corpo estraneo rispetto agli altri, vuoi per l'età più avanzata ma soprattutto per un atteggiamento differente nei confronti della montagna e del significato che essa rappresenta.

Altra componente fondamentale di questa storia è il tempo, non soltanto inteso come fattore meteorologico decisivo spesso nel condizionare le scelte di quegli uomini, ma anche soprattutto inteso come elemento di passaggio fra un presente e un passato anzi, più passati che si vanno a intersecare nelle tracce lasciate dai ramponi del nostro scalatore-filosofo, quel Mark che non smetterà di cercare la via per comprendere quella montagna ma soprattutto se stesso, fra leggende di monaci scalatori e segnali di conquiste antecedenti alle ascese documentate ufficialmente, fra realtà storica e finzione romanzesca, dove è difficile stabilire un confine là, dove la neve e il vento, le nubi e le nebbie sembrano essere i veri depositari di una verità del tutto insondabile.


Il mistero s'infittisce ulteriormente, ma la letteratura, più che la storia, vive di misteri che aggiungono altro sale a una vicenda già di per sé avvincente e suggestiva.”


Recensione di Roberto Maestri.



Dušan Jelinčič, giornalista e alpinista, è uno degli scrittori triestini di lingua slovena contemporanei più apprezzati. Come giornalista caposervizio della sede RAI di Trieste ha firmato importanti servizi per le testate nazionali, come alpinista ha scalato nel 1986, primo in Friuli Venezia Giulia, un Ottomila himalayano, il Broad Peak. Nel 1990 ha partecipato alla spedizione internazionale sull'Everest e nel 2003 ha conquistato l'Ottomila Gasherbrum 2. Nella sua vasta produzione letteraria spiccano soprattutto romanzi e racconti, ma anche saggi e pièce teatrali. Assieme a Boris Pahor, è lo scrittore di lingua slovena più tradotto in italiano. I suoi libri sono stati tradotti anche in tedesco, inglese, francese e serbo-croato. Per Bottega Errante è uscito nel 2018 I fantasmi di Trieste.

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