John Edward Williams
Butcher’s Crossing
Fazi Editore
“La diligenza che da Ellsworth portava a Butcher’s Crossing era un carro merci riadattato per il trasporto di passeggeri e piccoli bagagli. Quattro muli trainavano la vettura lungo la strada scoscesa e dissestata che declinava appena dalla pianura fino a Butcher’s Crossing.”
È questo l’incipit di Butcher’s Crossing di quel John Williams, famoso più per aver scritto Stoner ma che come per il suo più famoso romanzo, racconta di un uomo senza qualità e della sua capacità di adattamento al pari del carro merci che lo porterà nella città di partenza della sua avventura.
Un romanzo di ambientazione western verso la fine dell’epopea della grande caccia al bisonte, la quale determinò la quasi totale scomparsa di questo animale dalle praterie del sud degli Stati Uniti d’America, nel quale i personaggi, ben caratterizzati, si muovono sullo sfondo di un mondo che sta cambiando più in fretta di quanto loro stessi siano in grado di comprendere.
“Bastava un solo sguardo, o quasi, per contemplare tutta Butcher’s Crossing. Un gruppo di sei baracche di legno era tagliato in due da una stradina sterrata e poco oltre, su entrambi i lati, c’erano alcune tende sparse». Ecco lo sperduto villaggio del Kansas dove, in una torrida giornata del 1873, giunge Will Andrews, ventenne bostoniano affamato di terre selvagge.”
Un racconto che parte apparentemente in sordina, in una maniera che potrebbe sembrare quasi scontata, vittima di innumerevoli narrazioni simili sul tema, per chi, come noi è infarcito di storie ambientate nel vecchio West. Ma è proprio allora che John Williams riesce a cavare dal cilindro una storia che all’improvviso si impenna come un cavallo imbizzarrito, costringendo il lettore a cavalcare tenendosi stretto alla criniera del cavallo lanciato al galoppo, fino a che il racconto non sarà finito. I personaggi, quattro in tutto più una donna che apparirà in due determinati momenti della narrazione, la faranno da padrone per tutta la vicenda, in una costante evoluzione che ne determinerà il carattere mano a mano che la storia troverà la sua evoluzione.
Un’avventura avvincente nel perfetto stile dei racconti di frontiera, dove sudore, sangue, amore e morte si intrecciano fino a costituire l’ossatura di un romanzo che si regge perfettamente in equilibrio, riuscendo a donare emozioni anche forti, il tutto grazie a uno stile narrativo che non concede pause al lettore.
Il classico libro che dispiace portare fino all’ultima pagina, quella che ci costringerà ad abbandonare William Andrews, l’io narrante, al suo destino.
La traduzione è di Stefano Tummolini.
John Edward Williams, nato nel 1922 in una famiglia di modeste condizioni economiche del Texas, si iscrisse all’Università di Denver solo dopo la fine della seconda guerra mondiale, durante la quale fu di stanza in India e in Birmania dal 1942 al 1945. Rimase a Denver per tutta la vita, dove insegnò Letteratura inglese presso l’Università del Missouri e dove morì nel 1994. Poeta e narratore, John Williams è stato finalmente riscoperto negli ultimi anni, diventando un vero e proprio fenomeno di culto a livello internazionale. Oltre ad Augustus, Fazi Editore ha pubblicato Stoner(2012), Butcher’s Crossing (2013) e Nulla, solo la notte (2014).
Commenti
Posta un commento