Massimo Coco
Ricordare stanca
Sperling & Kupfer
Il periodo degli Anni di piombo è sempre stato di mio particolare interesse e questo libro di Massimo Coco (figlio del giudice Francesco Coco , ucciso dalle BR nel 1976 assieme agli agenti di scorta Antioco Deiana e Giovanni Saponara) aggiunge un prezioso tassello a tutto ciò che ho già letto sull'argomento.
Dico "Prezioso" perchè la sua testimonianza è nettamente diversa da quello che ho finora letto da parte; in un certo senso l'ho trovata più umana, più naturale, persino più condivisibile (fermo restando che ognuno ha il suo percorso, le sue idee ed è giusto che vengano rispettati tutti).
L'autore non è certo uno che le manda a dire, e giustamente, visto tutto quello che ha dovuto passare assieme alla sua famiglia; da subito asserisce che lui non deve nulla a nessuno, tantomeno ai terroristi: non deve loro comprensione, non è tenuto a cercare di capirli, sopratutto non gli deve alcun perdono, dato che non lo desidera dare. Sopratutto Massimo Coco non vuole dimenticare.
Nonostante l'omicidio del giudice Coco sia stato rivendicato dalle BR e per questo siano stati condannati i capi dell'organizzazione terroristica, gli esecutori materiali sono tutt'ora ignoti, e lo sono rimasti perchè i condannati- nonostante abbiano goduto tutti quanti di qualsiasi beneficio la legge abbia predisposto nei confronti di chi collaborava con la giustizia- si sono sempre rifiutati di rivelarne i nomi: quindi perchè il figlio che da 36 anni cerca inutilmente di conoscere la verità dovrebbe perdonare, dimenticare, capire?
La critica va sopratutto ad alcuni rappresentanti del cosidetto "Victimarium"- come Coco lo definisce in una descrizione efficace ed ironica divisa in categorie- ovvero, altri parenti e sopratutto figli d vittime del terrorismo, con cui Coco è particolarmente severo, dato che li accusa di aver utilizzato la loro posizione di vittime per fare carriera (riferimenti anche non troppo velati a Sabina Rossa, Mario Calabresi e Benedetta Tobagi) e di ergersi ora a improbabili giudici verso chi, come lui, non ha nessuna intenzione di riconoscere una qualsiasi benevolenza a qualsivoglia terrorista.
In effetti, per quel poco che ne posso sapere (ho cercato anche alcune video interviste su youtube), Massimo Coco non mi ha certo fatto l'impressione di una persona che vive nell'odio e nel rancore: è un musicista e insegnante di musica al Conservatorio, ha un figlio di dieci anni chiamato come il nonno defunto (e , cosa molto bella, anche come i due uomini della scorta morti accanto a lui), nel libro racconta alcuni spiritosi episodi della sua carriera...semplicemente, è una persona che non accetta di sentirsi dire cosa deve o non deve fare o pensare in omaggio da buonismo imperante purtroppo anche in certi ambienti, buonismo tanto solerte verso i terroristi che però fa finta di nulla quando, durante una cerimonia organizzata al Quirinale per la giornata in memoria delle vittime del terrorismo, i parenti più celebri vengono messi nelle prime file, mentre per gli altri- compresi i sopravvissuti agli attentati o alle gambizzazioni, oggi spesso ultraottantenni e talvolta con ferite fisiche ancora aperte- spesso non ci sono nemmeno posti a sedere.
Coco racconta la storia del padre e della sua famiglia, con dettagli spesso divertenti che rendono meglio la caratterizzazione umana della vittima e dei personaggi, nonchè l'affetto del figlio; ricorda in maniera affettuosa anche vari uomini della scorta con cui per vari anni ha diviso le giornate, ma denuncia anche il clima profondamente colluso con il terrorismo della società e sopratutto della scuola: Coco non ha peli sulla lingua dicendo che fra tutte le persone che in qualche modo lo hanno emarginato e ghettizzato- ma a una delle sorelle andò peggio:le fu recapitato il volantino con la condanna a morte del padre fimrato BR direttamente in classe, senza che nessuno facesse nulla per impedirlo!- nei cinque anni di liceo la maggior parte era di sinistra, professori compresi.
Parole di fuoco ovviamente anche per gli ex terroristi: nonostante siano quasi tutti fuori senza aver scontato per intero le pene, oggi tutti guru, tutti santi, tutti riabilitati,,,anche se ancora scrivono cose del tipo: "erano sbagliati i modi ma combattevamo per gli ideali giusti" o affermano che i loro figli non si devono vergognare di loro perchè volevano solo cambiare il mondo, o peggio ancora dicono che uccidevano perchè si sentivano investiti di una missione speciale!
Troppo duro, troppo diretto, troppo vero:e infatti non ho visto grandi pubblicità o recensioni per questo libro che ho pure faticato a trovare in libreria.
Recensione di Tiziana Tomasella.
Massimo Coco (Genova, 1960) è l'ultimo dei tre figli di Francesco Coco, procuratore generale a Genova, assassinato dalle Brigate Rosse l'8 giugno 1976 insieme con due uomini della scorta. Violinista e compositore, svolge un'intensa attività concertistica sia come solista sia in importanti orchestre. È titolare della cattedra di Violino presso il Conservatorio Niccolò Paganini di Genova.
Commenti
Posta un commento