Emile Zola
Thérèse Raquin
Oscar Mondadori
Ecco un romanzo che mi mancava, come la maggior parte dei libri di Zola. Mi ha catturato completamente, attivando quello spaesamento magico che tanto connota le belle letture: si vuole andare avanti, per sapere, perché sapere diventa urgente.
Zola, nella prefazione alla seconda edizione, lo precisò: si tratta di una indagine su due caratteri, quello di Laurent, impiegato di origini contadine, definito più volte "sanguigno" , e quello di Thérèse, giovane donna meticcia, a sua volta indicata come "insoddisfatta" .
Il mix che viene fuori diventa esplosivo. La passione tra i due deflagra, mentre il marito Camille, malaticcio da una vita, esangue, sostanzialmente asessuato, viene visto dal lettore con gli stessi occhi degli amanti: come un essere inutile, stupido, fastidioso.
La bravura dell'autore sta nel descrivere con grande abbondanza di particolari e con prosa avvincente tutto il percorso che conduce i due ad attraversare miriadi di emozioni e sentimenti diversi, simili tra loro, che si manifestano in modo parallelo e che li conducono verso lo scioglimento finale.
Per certi versi sembra che Zola "spieghi troppo" ma in realtà tutte le precisazioni fornite sul montare della passione prima e poi del rimorso dei due non tradiscono nulla della storia in quanto tale e sono funzionali al progetto dell'autore, che era di natura scientifica e tendeva a dimostrare cosa accade dal punto di vista organico (e sono in un secondo momento psicologico) da un incontro di due temperamenti come quelli dei protagonisti.
"La sofferenza più acuta, una sofferenza sia fisica che morale, gli derivava dal morso di Camille sul collo. In certi momenti, si immaginava che quella cicatrice gli coprisse tutto il corpo (...) Qiella specie di piaga aperta nel suo corpo, che si risvegliava, arrossendo e aggredendolo al minimo segno di agitazione, lo terrorizzava e lo torturava" .
Alcuni elementi ricorrenti rendono alla storia qualche suggestione da romanzo gotico: non solo la cicatrice sul collo, che resta viva nonostante tutto ma anche il gatto, simbolo di un'entità superiore e misteriosa che "sa" e sapendo può fare del male.
Sullo sfondo, Madame Raquin, un novello Cristo in croce che, implacabile, osserva e attende.
Molto molto bello .
Traduzione di Katya Lysy.
Recensione di Jo March.
Émile Zola (Parigi 1840 - ivi 1902). Affermatosi dapprima come critico d'arte, difese l'impressionismo. Teorico del naturalismo, ne offrì un modello esemplare nella sua opera narrativa: da Teresa Raquin (1868) al ciclo Les Rougon-Macquart, histoire naturelle et sociale d'une famille sous le Second Empire (1871-93), che comprende L'assommoir (1877) e Germinal (1885), i romanzi di Z. costituiscono un immenso affresco della società del tempo, osservata con rigore scientifico e con una scrupolosa ricognizione storica, sociologica, linguistica. Di convinzioni repubblicane, nell'affaire Dreyfus Z. prese posizione a favore dell'innocente: celebre è la lettera aperta nota con il titolo J'accuse (1898).
Figlio di un ingegnere veneziano e di una francese, visse dal 1843 a Aix-en-Provence, dove, perduto il padre nel 1847, compì i primi studi, assistito dalla madre; fu coetaneo e amico di P. Cézanne. A diciotto anni, tornò a Parigi con la madre; non poté accedere all'università e, stretto dal bisogno, s'impiegò assai modestamente presso la casa editrice Hachette. Si affermò dapprima come critico d'arte, assumendo la difesa dell'impressionismo (Mon Salon, 1866; Mes haines, 1866; Édouard Manet, 1867). Il suo primo romanzo degno di nota è il già citatoThérèse Raquin, dove già si osserva una preoccupazione "scientifica", sotto l'influsso delle teorie di C. Bernard; quindi Z. vagheggiò un grande ciclo di romanzi (Les Rougon-Macquart, histoire naturelle et sociale d'une famille sous le Second Empire), fondato su "documenti umani", secondo i canoni del nascente naturalismo alla cui affermazione Z. contribuì anche attraverso le famose "serate" di Médan. Z. attese all'esecuzione del ciclo, che comprende venti romanzi per oltre un ventennio (1871-93), accentuando sempre più la minuziosa osservazione della vita del suo tempo, senza rifuggire da immagini anche brutali e da particolari audaci, scegliendo per ciascun romanzo un ben preciso ambiente che egli puntualizzava con una documentazione capillare e diretta. Successivamente (1894-98) pubblicò Lourdes, Rome, Paris, che costituirono il breve ciclo delle Trois villes. Nelle polemiche provocate dall'"affaire Dreyfus" prese coraggiosamente ed energicamente posizione a favore dell'innocente attraverso una serie di articoli culminati nella già citata lettera aperta al presidente della Repubblica pubblicata sull'Aurore del 13 genn. 1898 (nota con il titolo di J'accuse), che procurò a Z. un processo e una condanna che lo costrinsero a rifugiarsi in Inghilterra; iniziò i Quatre Évangiles, di cui apparvero Fécondité (1899), Travail (1901) e, postumo (1903), Vérité; dell'ultimo, Justice, non rimane che l'abbozzo. Z. accompagnò la sua opera di romanziere con tutta una serie di scritti critici e polemici: La République et la littérature (1879); Le roman expérimental (1880); Les romanciers naturalistes (1881); Documents littéraires (1881); Une campagne (1882).
(Fonte treccani.it)
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