Maria Messina 


La casa nel vicolo 


Edizioni Croce




Una scrittrice pienamente appartenente, dall’umile provincia, alla letteratura europea, sul versante femminile e femminista, che negli anni a lei contemporanei offriva un’intensa testimonianza letteraria. Tre racconti pubblicati in questa collana (Casa paterna) hanno richiamato su Maria Messina, scrittrice di cui nel giro di un cinquantennio si era del tutto perso il ricordo, l’attenzione dei lettori e dei critici. Apprezzata da Verga, con cui intrattenne una devota corrispondenza; recensita come «scolara del Verga» da Borgese, la Messina è da accostare, piuttosto, al Pirandello dell’Esclusa e di tante novelle che oggi si possono approssimativamente definire «femministe»: quelle cioè attente, vibranti di commossa partecipazione pur nella registrazione realistica, alla condizione femminile in Sicilia qual era fino agli anni della seconda guerra mondiale. La ripubblicazione di questo romanzo (edito da Treves nel 1921), darà, crediamo, una piena conferma della qualità della scrittrice e darà misura dell’ingiustizia di averla – critici e storici della letteratura italiana – dimenticata. Leonardo Sciascia (1982) 

Non conoscevo questa brava scrittrice siciliana, ed è stata una piacevole sorpresa. Spiace constatare che sia stata quasi dimenticata, vi consiglio di leggere le sue opere.

In questo romanzo l'autrice ci fa conoscere la vita quotidiana di due donne dei primi del 900 in Sicilia. Sono due sorelle che vivono a casa del burbero Don Lucio Carmine, segretario del barone, il quale ha sposato Antonietta e la cui sorella minore Nicolina decide di stare da loro per aiutarli in casa. Le due donne sono completamente schiavizzate dal padrone di casa: non posso avere altri desideri che curare la casa, cucinare, cucire, badare ai figli, obbedire a tutti gli ordini che vengono loro impartiti. L'autrice rende in modo magistrale la vita claustrale che fanno le due donne, le quali non si ribellano ma abbassano la testa. Lo stesso Don Lucio a un certo punto dice che "le donne devono essere docili, ignoranti, e senza desideri". La Messina riesce bene a farci sentire quella claustrofobia che provano quelle donne, che covano dentro rancore per quel burbero uomo di casa e malinconia per il loro paese natìo. Ho provato tanta tristezza soprattutto per Nicolina la quale ha deciso di sacrificare i suoi anni di giovinezza per servire suo cognato e sua sorella maggiore, e poi i suoi nipoti, tra i quali Antonio, al quale si affezionerà molto e sarà l'unico che le consiglia di andare via da lì.

Quando ti trovi al cospetto di un grande scrittore, non puoi fare a meno che desiderare di leggere altre sue opere.


Prefazione di Maria Serena Sapegno. 




Recensione di Francesco Camagna




Maria Messina, scrittrice italiana (Palermo 1887 - Pistoia 1944). Nacque da Gaetano, maestro elementare e poi ispettore scolastico, e da Gaetana Valenza Trajna, di nobile e decaduta famiglia di Prizzi. Un matrimonio combinato e i dissapori tra i genitori segnarono la sua vita. «Non sono mai andata a scuola – scrisse a Verga nel 1909 –, i miei maestri sono stati mia madre quand’ero piccola e il mio unico e amato fratello sino a pochi anni fa». Non si sposò. Di salute cagionevole seguì la famiglia vivendo, come ella stessa più volte scrisse nella sua corrispondenza, in assoluta solitudine. Iniziò a scrivere a vent’anni, quando le fu diagnosticata la sclerosi multipla. Pubblicò a Palermo, presso Sandron, le prime raccolte di novelle, Pettini-fini (1909) e Piccoli gorghi (1911), con cui iniziò a essere conosciuta dal grande pubblico. All'età di 22 anni cominciò una fitta corrispondenza con G. Verga, e continuò a pubblicare racconti: la novella Luciuzza uscì nel 1914 in «Nuova Antologia», La Mèrica fu pubblicata nel 1912 su «La Donna» e vinse il premio Medaglia d'Oro. Nel 1917 uscì il romanzo per l’infanzia Cenerella, cui fecero seguito la raccolta di racconti Le briciole del destino (1918), i tre primi romanzi per adulti Alla deriva (1920), Primavera senza sole (1920), La casa nel vicolo (1921); poi le fiabe I figli dell’uomo sapiente (1915), Il galletto rosso e blu (1921), gli scritti Ragazze siciliane (1921), Il guinzaglio (1921), Personcine (1921), I racconti dell’Avemmaria (1922), Il giardino dei Grigoli (1922), Un fiore che non fiorὶ (1923), Le pause della vita (1926). L’ultima opera per l’infanzia fu Storia di buoni zoccoli e di cattive scarpe (1926), l’ultimo romanzo L’amore negato (1928). Si spense il 19 gennaio 1944 e fu sepolta nel cimitero della Misericordia Addolorata di Pistoia. La sua produzione letteraria si inserì subito nel filone verista, e non poco influsso ebbe su di lei la corposa e costante corrispondenza con Verga; poi la sua prosa evolse lasciando alle spalle i luoghi delle campagne siciliane e addentrandosi nel suo mondo piccolo borghese, le donne divennero le protagoniste, i loro drammi di natura psicologico-esistenziale, approdando nella temperie culturale del decadentismo. (Fonte treccani.it)

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