Antonio Manzini
Le ossa parlano
Sellerio
“È un maestro che mi ha insegnato tanto, senza pretendere di insegnarmi nulla…” diceva Antonio Manzini di Andrea Camilleri, e per la gioia di noi lettori Il Maestro gli ha insegnato a disegnare con molta leggerezza i personaggi, a partire dal suo commissario, pardon vicequestore. Un tocco lieve che gli consente, come in questo caso, di sollevare anche gli angoli più bui delle umane miserie, quelli popolati da mostri che hanno davvero ben poco a che spartire con quelli delle favole e si mimetizzano nell’orrore del nostro quotidiano. Ma dal suo mentore, Manzini ha appreso anche molte altre cose: l’utilizzo sapiente delle peculiarità linguistiche e territoriali, l’uso dei difetti dei suoi personaggi non solo per rubare un sorriso, ma anche per scavare nei nostri, di difetti, e per sottolineare o anticipare i mutamenti della società.
Talenti che erano sicuramente “in nuce”, come amano dire quelli che hanno studiato, meritandosi un posto di rilievo nella tabella del disonore, classificati come pedanti rotture di “…oni” del nono livello, ma che hanno beneficiato dell’esempio per trovare le giuste quantità di utilizzo. E a proposito di quantità giuste e modiche, Rocco, come il Bartleby di Melville, ha suggerito con notevole intuito qualche critico attento, è uno che “preferisce di no” nei suoi rapporti con le donne, nei suoi rapporti con amici, colleghi e superiori, preferisce di no e preferisce farsi guidare solo da una profonda, disincantata fede, nella sua “preghiera laica del mattino”, definizione rubata a Hegel, che però ovviamente non si riferiva a niente che si arrotola.
Scorrono, scivolano, quasi come sabbia tra le dita, queste quattrocentosedici pagine, e il lettore sente, e teme, che finiranno comunque troppo presto, che finiranno malissimo per tutti, e ancora peggio per chi con un “patois” tenti di sbarrare il passo all’incedere della romanità, a chi con una fonduta pensi di poter competere con la convivialità di una “cacio e pepe”, con l’innata simpatia, e col pragmatismo, di uno sbirro allevato da banditi. Ma in quest’ultima puntata del nostro eroe in trasferta permanente è la trama investigativa guadagnarsi il centro della ribalta, come forse impone la difficoltà del tema trattato, e le vicende private dei personaggi rimangono sottotraccia, utili a sottolineare le difficoltà a indagare schierando una formazione rimaneggiata, penalizzata da rinunce personali e assenze imposte d’autorità.
Un successo meritato, come si diceva, quello di Antonio Manzini, per la capacità di dosare il “castigat ridendo mores”, e di dosarsi come scrittore, scrivendo appunto poco e bene e rassicurando, in tal modo, il lettore, sulla distanza dalla parabola discendente. Rocco non riesce a ritornare a casa, ma noi ci sentiamo sempre più a casa leggendo di lui… anche nella uggiosa Aosta… anche vestiti con un loden stropicciato… anche con un paio di Clarks ai piedi… anche con un paio di Clark “fraciche” ai piedi. E a proposito di “anche”:
“Anche se noi uomini fossimo immortali, troveremmo lo stesso il modo di suicidarci!”
Recensione di Riccardo Gavioso.
Antonio Manzini. – Attore, scrittore e sceneggiatore italiano (n. Roma 1964). Dopo aver frequentato l’Accademia Nazionale d'Arte Drammatica, ha lavorato come attore sia cinematografico che televisivo, tra le interpretazioni nelle serie televisive si ricordano quelle in Linda e il brigadiere (2000) e Tutti per Bruno (2010). Al lavoro come sceneggiatore (come in Il siero della vanità, 2004 e Come Dio comanda, 2008), ha affiancato anche quello di regista. Ai due primi romanzi gialli pubblicati (Sangue Marcio, 2005 e La giostra dei criceti, 2007) sono seguiti Pista nera (2013), La costola di Adamo (2014) e, tutti del 2015, Non è stagione, Era di maggio e uno dei racconti contenuti nel volume Turisti in giallo, che hanno come protagonista il vicequestore Rocco Schiavone, poliziotto fuori dagli schemi e poco attento alle forme; dello stesso anno è anche il romanzo breve Sull'orlo del precipizio, mentre tra i lavori successivi vanno citati, tutti nel 2016, Cinque indagini romane per Rocco Schiavone, uno dei racconti dell'antologia Il calcio in giallo, i romanzi 7-7-2007 e Orfani bianchi, nel 2017 La giostra dei criceti, uno dei racconti dell'antologia Viaggiare in giallo, il thriller Pulvis et umbra e uno dei racconti dell'antologia Un anno in giallo. Cosceneggiatore nel 2016 della fiction Rocco Schiavone, che racconta le vicende del vicequestore nato dalla sua penna, più recentemente ha pubblicato: entrambi nel 2018, L'anello mancante e Fate il vostro gioco; Rien ne va plus (2019); nel 2020, Ah l'amore l'amore e Gli ultimi giorni di quiete; Vecchie conoscenze (2021); Le ossa parlano (2022). Fonte treccani.it)
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