Marco Scarlatti 


Jeeg Generation 


Delos Digital



Sono quelli nati in pieni anni Settanta. 

Nei giorni di pioggia, si sono rintanati nelle loro camerette davanti alla casa di Barbie, al tappeto verde del Subbuteo e al Commodore 64. 

Hanno amato Big Jim, i Play Mobil e i giocattoli made in Hong Kong. 

Hanno conosciuto i telefoni a disco, hanno passeggiato da soli per strada col walkman alle orecchie, sono impazziti per i Duran Duran, gli Spandau Ballet e le puntate di Happy Days. 

Hanno sognato a occhi aperti con Ritorno al Futuro, Star Wars, Lady Oscar e Goldrake. 

Hanno sempre pensato che avrebbero avuto un futuro luminoso, soffice come un Buondì Motta. 

Sulla soglia dei cinquant’anni, anche se cominciano a nutrire qualche dubbio, aspettano ancora che un grande robot scenda sulla Terra e li porti via. 

Sono quelli che continuano a non arrendersi alla realtà. 

Sono quelli presi in giro dalla scimmia capitalistica, che li ha resi carnefici involontari delle nuove generazioni. 

Sono gli eterni ragazzi. 

Quelli del “dammi del tu, non preoccuparti.” 

Sono i nerd per antonomasia.” 

Sono quelli della Jeeg generation.


Se quella dei cosiddetti Boomer può essere considerata la generazione degli sconfitti che almeno avevano provato a cambiare il mondo, per la Jeeg Generation, i nati cioè fra il 1965 e il 1979, non si può parlare di sconfitta, in quanto non hanno avuto nemmeno la possibilità di lottare. È una generazione disillusa che ha perso in partenza senza neppure lottare, una generazione che ha trovato il mondo già preconfezionato, imballato nei messaggi propinati dalle televisioni commerciali, con una musica che non aveva più la carica di quella degli anni precedenti e che si è dovuta arrabattare con valori che andavano sempre più sfaldandosi fra le loro mani, la famiglia che non era più quel rifugio incrollabile come lo era stato per i loro genitori, o il lavoro che diventava sempre più avulso da un sistema di vita incapace di soddisfare anche le più semplici aspirazioni. 

Sono queste, insieme ad altre, le osservazioni contenute nel breve ma acuto saggio di Marco Scarlatti, Jeeg Generation edito da Delos Digital, una disanima di una generazione che si trova oggi alle prese con la disillusione di una vita che non ha quasi mai rispecchiato le aspettative, una generazione che fatica a stare al passo con i tempi e che si è trovata di fronte alla famosa corda citata da Kafka quando dice che “la vera corda, che non è tesa in alto, ma rasoterra. Sembra più fatta per inciampare che per essere percorsa.” L’inciampo è sempre dietro l’angolo, qualunque cosa faccia l’appartenente a quella generazione, nei rapporti di coppia, nel rapporto con i figli o nel lavoro. Una generazione che avrebbe necessità a disimparare, cresciuta nell’illusione di poter un giorno salire ed entrare nella testa del robot d’acciaio per pilotarlo e salvare il mondo dai cattivi, un robot che invece è rimasto inattivo e inaccessibile, rendendo inutili gli sforzi di quanti si erano illusi di essere invincibili. L’unica chance che rimane loro è la consapevolezza che “disimparare significa scoprire di nuovo il mondo, leggerlo una seconda volta utilizzando prospettive inedite.” 

Non tutto sembra essere perduto, per fortuna.






Marco Scarlatti è nato nel 1973 a Roma, dove vive e lavora. 

Col giallo Chi porta il serpente è arrivato finalista all’edizione 2022 del Premio Tedeschi. 

Ha pubblicato diversi racconti in antologie collettive e quattro romanzi: L’anno del Drago (L’Erudita, 2012), Tempo di morte, tempo di coraggio (finalista all’edizione 2015 di IoScrittore), il noir metropolitano Giovani come la notte (MDS, 2019) e il libro di fantascienza Il giorno dell’uragano (Kipple, 2021), vincitore del Premio Kipple 2021. 

Il racconto “Lo spettro dei sogni” è apparso nella raccolta digitale Sorridi, bellezza! (Rizzoli 2013).

Commenti

Post popolari in questo blog