Guido Ceronetti 


Messia 


Edizioni Adelphi, 2017 






Recensione di Roberto Maestri.


Un piccolo saggio sull’attesa, analizzata con le parole della letteratura, della poesia, della religione e della filosofia; l’attesa vissuta come condizione umana di quell’elemento salvifico che non necessariamente è identificato con il Salvatore della tradizione giudaico cristiana ma altrettanto presente in diverse culture e religioni. Anche per questo, nonostante le apparenze, non è un libro religioso in senso teologico, è più un antologia di testi brevi e frammenti raccolti dall’autore il quale ammette fra l’altro, di non percepire il tema con particolare calore, sono parole sue, ma di sentirlo comunque centrale e sigillato come l’ombelico, dal momento che, sempre a suo dire, si è nel messianico finché si è nell’umano.
Autori come Dostoevskij, Buber, Kafka, Rimbaud, Eraclito o Isaia e lo stesso Ceronetti con i versi di alcune sue poesie, tracciano il sentiero dell’attesa solcando le pagine di parole volte a condurre il lettore in un mondo sospeso, alla ricerca di un qualcosa che mai verrà ma che dovrà rimanere costante promessa quale motore del nostro essere.
Paradigmatico in questo è quanto ad esempio ha costruito Samuel Beckett con il suo Aspettando Godot, citato spesso in queste pagine, come emblema dell’attesa che non si rivela inutile in quanto offre l’opportunità della speranza a due esseri, Estragon e Vladimir, i quali senza essa non avrebbero più nulla e nessuno da aspettare.
È dunque l’attesa di un qualcosa di là da venire a mantenerci vivi? È forse questa la domanda che dovremmo porci?


Dice Ceronetti: 

“Pensare il Messia è soffrire per qualcosa che vale perché ci oltrepassa, per qualcosa che dai confini della carne scruta il Deserto dei Tartari che avviluppa, mare ignoto, mantenendole disperatamente vigili, le possibilità umane.” 


Come l’autore, il quale confessa comunque di non aspettarlo, teniamo dunque il nostro Messia “nell’armadio delle speranze cieche” se non in attesa, almeno col dubbio della sua possibile venuta, aperti ad una estrema possibilità di vita. 




L’autore: 


Scrittore, drammaturgo e marionettista italiano (Torino 1927 - Cetona 2018). Noto soprattutto per gli inconsueti elzeviri (su La Stampa di Torino), in cui rivendica i diritti della letteratura sulla cronaca e denuncia con estrema coerenza i segni di un progressivo imbarbarimento, in relazione a questo impegno di intransigente e colto moralista vanno intese le sue poesie (pubblicate in più volumi dal 1968 e poi riunite in Compassioni e disperazioni. Tutte le poesie 1946-1986, 1987), tra l'altro strettamente dipendenti da una attività di traduttore molto selettiva (Marziale, Catullo, Giovenale e, dalla Bibbia: Ecclesiaste, Cantico dei cantici, Giobbe, Isaia, Salmi). La stessa dimensione cupamente religiosa, propria dell'interprete di visioni e anatemi antico-testamentari, C. introduce nell'esercizio dell'ufficio saggistico: Difesa della luna (1971); La carta è stanca (1976); La Musa ulcerosa (1978); Un viaggio in Italia (1983); Albergo Italia (1985); L'occhiale malinconico (1988); Centoventuno pensieri del filosofo ignoto (2006) o nelle raccolte di aforismi e di ricordi: Il silenzio del corpo (1979); Pensieri del tè (1987); La pazienza dell'arrostito (1990); D. D. Deliri Disarmati (1993); La carta è stanca. Una scelta (2000); Piccolo inferno torinese (2003). Tra le sue opere più recenti vanno citate: Insetti senza frontiere (2009); In un amore felice. Romanzo in lingua italiana (2011); la raccolta di versi Sono fragile sparo poesia (2012); il libro di pensieri e riflessioni L'occhio del barbagianni (2014); Tragico tascabile (2015); Per le strade della vergine (2016); Messia (2017); Regie immaginarie (2018). 
(Fonte: treccani.it)

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