Matteo Bussola
La neve in fondo al mare
Einaudi Stile Libero, 2024.
Recensione di Roberto Maestri.
“la vita è una gara di resistenza alle deformazioni e agli urti.”
L’ospedale è spesso vissuto come un mondo a parte. Quando poi si tratta di un reparto di psichiatria infantile, questa sensazione di straniamento è ancora più accentuata. L’isolamento in cui si trovano costretti a vivere genitori e figli, gli uni nel ruolo di accudimento e controllo e gli altri perché affetti da disturbi che spesso sono segnali di un disagio che trova le sue origini nei rapporti all’interno del contesto familiare da cui provengono, genera un microcosmo in cui le relazioni che si intrecciano sono spesso frutto delle frustrazioni e dei complessi meccanismi in cui questi soggetti si trovano a essere calati.
È questo il contesto in cui è ambientato il romanzo di Matteo Bussola La neve in fondo al mare, un romanzo che è cronaca e diario di un periodo vissuto da un padre che si trova alle prese con il ricovero del figlio adolescente affetto da anoressia.
“Si dice che a volte il destino sia una maschera per la colpa.”
Sono pagine dense di riflessione, in cui merge la difficoltà dell’essere genitore ma anche quella di essere figlio, dell’incapacità di comunicare fra generazioni, di soddisfare aspettative, di riuscire a entrare nell’intimità di una persona che crediamo vicina perché abbiamo visto nascere e crescere.
In parallelo a tutto ciò vi è la condizione di altri genitori e figli che condividono la stessa sorte anche se il disturbo manifestato non è il medesimo, una comunità di persone che si viene via via formando anche a causa della convivenza forzata, fatta di piccole solidarietà ma anche di contrasti, sensi di colpa, manifestazioni di affetto e disperazione.
“i padri nascono per sanguinare in silenzio, che certi sorrisi di bambino sono solo lame in attesa del buio.”
A fare da filtro ai due gruppi che si confrontano, genitori e figli, c’è il personale sanitario, nel suo ruolo di cura ed educazione di entrambe le realtà parti del sistema, impegnato a cercare di lenire quei “lividi nascosti” che non tutti sono in grado di vedere ma che segnano corpi e anime che faticano a trovare la via di un vivere sereno.
Leggendo il libro di Bussola non si può fare a meno di empatizzare con i padri e le madri coinvolte in questi vortici, ma allo stesso tempo si può comprendere la fatica dei figli che non hanno altre maniere, a volte, per esprimere un dolore che a quell’età non si dovrebbe provare.
“ Ma la bellezza degli adolescenti, va detto, spesso è triste proprio perché è una grazia fragile, transitoria, destinata ad appassire o cadere per lasciar posto a quel che sarà.”
Il libro infine vuole lasciare un barlume di speranza, di via d’uscita difficile da conquistare ma che non deve mai mancare come obiettivo ultimo, nell’accettazione dei propri limiti e delle proprie difficoltà, nel tentativo di riuscire, un giorno, a comprendere le ragioni di ciascuno.
“Non possiamo sostituirci come fossimo un materiale difettoso, contaminato, o ricostruirci interi in una zona meno sismica. Però possiamo imparare a stare in equilibrio sul nostro suolo incerto, accogliendo le nostre crepe, provando a trasformarle in finestre.”
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