Maurizio Cometto
LE LEGGI DELL'ORDINE ETICO
Delos Digital
Intervista a cura di Fabiana Redivo.

Il Trofeo Cassiopea, premio letterario dedicato ai romanzi italiani di fantascienza, è giunto alla sua tredicesima edizione. Il vincitore di quest’anno è Maurizio Cometto con il romanzo Le leggi dell’ordine etico (Delos Digital). Laureato in Ingegneria Meccanica, ha al suo attivo numerosi romanzi e racconti ed è uno scrittore molto apprezzato. Di lui Valerio Evangelisti ha scritto: “Se mi chiedessero, a bruciapelo, qual è l’autore italiano di narrativa fantastica che preferisco, risponderei Maurizio Cometto”. Parere autorevole ma non determinante, perché determinante è stato invece, per la giuria del Cassiopea presieduta da Giovanni De Matteo, leggere il suo romanzo fra i ventitré pervenuti al concorso.
Confesso che prima di avere tra le mani Le leggi dell’ordine etico non avevo mai letto nulla di tuo, a parte un racconto contenuto nell’antologia FOLKLORE, antologia fantastica sul folklore italiano (Watson Edizioni). Cosa spinge un ingegnere meccanico a immaginare mondi alternativi?
Bella domanda. Forse è una sorta di “reazione” all’ambito lavorativo in cui mi muovo, che è quello dell’Automotive, dove occorre essere concreti e soprattutto rapidi e precisi se si vuole portare a casa la pagnotta. Nella scrittura ho invece la possibilità di volare con la fantasia, che ho sempre avuto molto fervida, e prendermi tutto il tempo che voglio. Un mondo molto più accogliente, e le cui soddisfazioni, se pure concretamente parlando non portano la suddetta pagnotta, dal punto di vista interiore valgono forse molto di più.
Ho notato che tra gli autori italiani di fantascienza sta prendendo piede l’utilizzo di un’ambientazione italiana. Anche questo tuo romanzo distopico si svolge in Italia. Come è nata la tua storia e perché hai scelto proprio il nostro paese?
La risposta è semplice: perché amo parlare di cose che conosco in prima persona, o quasi. E perché le storie che racconto, anche se magari appaiono fantastiche o lontane dalla realtà, invece traggono la loro linfa vitale proprio dal mio vissuto sia interiore sia sociale. Senza contare che quando sfoglio un romanzo scritto da un italiano e trovo che i protagonisti si chiamano John Smith e Shirley McQualcosa, e scopro che si svolgono in improbabili periferie statunitensi, lo lascio immediatamente sullo scaffale e passo ad altro; perché spesso sono delle rielaborazioni di scritti di autori anglosassoni, o di serie o film viste in tv, e non hanno nulla a che fare con la vita vissuta di chi l’ha scritto. C’è qualche eccezione, ma sono molto rare.
Siamo passati dalle invasioni aliene che offrono l’occasione all’intera umanità di muoversi per far fronte comune (la salvezza del mondo), a distopie claustrofobiche che imprigionano, come nel tuo caso, il libero pensiero. Le tre leggi cui fa riferimento il romanzo sono inquietanti. Ne vuoi parlare?
Le leggi in realtà sono solo “accennate” nel romanzo, e hanno a che fare con la regolamentazione “forzata”, da parte dello stato, di cose come il matrimonio, il fine vita e la procreazione, che invece dovrebbero esser frutto di una libera scelta dell’individuo (o di una coppia di individui). Sappiamo bene che questo tipo di “forzatura” non è solo un’invenzione letteraria, ma ancora oggi esistono stati in cui non si è liberi di scegliere (per il fine vita soprattutto, ma non solo). Siamo passati dalle utopie alle distopie perché da una seconda metà del ventesimo secolo di forte crescita ed espansione, soprattutto in occidente (culla di quasi tutto l’immaginario che abbiamo dentro), siamo passati a un ventunesimo secolo di forte globalizzazione e quindi (per l’occidente) recessione, che ha chiuso il futuro (oltre che favorito i regimi che stiamo subendo), e ci ha resi tutti più pessimisti. Io spero solo che arriveranno giorni in cui magari non noi ma i nostri figli o nipoti torneranno a essere capaci di sognare un futuro che potranno poi davvero realizzare.
La droga social network Empathy gioca un ruolo importante nel romanzo. Senza spoilerare troppo riguardo all’uso che ne viene fatto, vuoi spiegarci perché hai scelto proprio quel nome?
E’ semplice: perché, secondo chi la diffonde, dovrebbe sviluppare l’empatia, cioè la capacità di immedesimarsi negli altri e di conseguenza creare legami più forti. Da qui all’arrivare a unirsi, al creare associazioni al fine di lottare insieme contro un nemico comune, che è il regime, il passo è breve. In effetti i regimi totalitari sviluppano e favoriscono ogni forma di competizione, di contrasto, di lotta, di odio, perché questi favoriscono la divisione e la frammentazione della società, che diviene di conseguenza più facile da controllare. Lo vediamo bene che le campagne elettorali vincenti, quelle degli ultimi sovranisti, si basano su arroganza e fomentazione di odi repressi o meno, e in esse la parola (e il concetto) di empatia è completamente messo al bando. Si può quasi dire che viviamo in un’epoca in cui la parola empatia è da sfigati.
Siamo infine giunti la domanda di rito: hai nuovi progetti in cantiere?
E’ appena uscito un romanzo dal titolo “L’ombra della stella cometa”, che si svolge nello stesso “mondo” de “Le leggi dell’ordine etico”, ma quarant’anni dopo e “al di là della muraglia” (cioè non in Italia, almeno per buona parte della narrazione). A breve comincerò a scrivere un terzo romanzo che chiuderà definitivamente questa sorta di “trilogia”. Poi a ottobre-novembre uscirà un romanzo, una sorta di thriller di formazione senza elementi fantastici, per Solfanelli. Infine un altro paio di racconti dovrebbero uscire prima di fine anno, uno in un’antologia collettiva, l’altro (parecchio weird, che è la mia cifra forse più spontanea) come ebook singolo.
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