Anna Maria Ortese 


Il mare non bagna Napoli 


Adelphi




Il mare non bagna Napoli è una raccolta di racconti della scrittrice Anna maria Ortese, raccolta che vinse nel 1953 il Premio Viareggio per la narrativa. Questa raccolta contiene i seguenti racconti: 

- Un paio di occhiali 

- Interno familiare 

- Oro a Forcella 

- La città involontaria 

- Il silenzio della ragione 

I primi due sono racconti letterari, mentre i rimanenti tre sono veri e propri reportage giornalistici vissuti dalla stessa autrice. 

Ho amato molto il primo racconto, la storia di questa bambina quasi cecata che va con la zia a comprarsi un paio di occhiali e la meraviglia che la avvolge quando finalmente vede tutto, in maniera nitida, il mondo che la circonda. Ma essendo la prima volta che porta gli occhiali inizia a girargli la testa e quasi sta per svenire. 

Nel secondo racconto, Interno familiare, la protagonista è Anastasia Finizio la quale mantiene la sua famiglia e non smette di credere in un amore di quando era più giovane. 

In Oro a Forcella e La città involontaria emerge tutta la povertà che vi era a Napoli in quell'anno, nel dopoguerra: il primo ci mostra le persone che fanno la fila al banco dei pegni e di un escamotage che inventa una donna pur di passare davanti a tutti, nel secondo l'autrice ci descrive una sua visita nel Palazzo dei Granili in cui vivono molti senzatetto e persone con una povertà estrema (impressionante il corteo funebre del bambino morto i cui genitori non hanno neanche i soldi per una bara). 

L'ultimo racconto, Il silenzio della ragione, un finto reportage sugli intellettuali progressisti che avevano fatto parte della rivista "Sud", offese alcuni intellettuali napoletani che furono citati con le loro generalità e rappresentati con le loro invidie e sospetti reciproci. Per questo motivo la Ortese stessa, che faceva parte di quel gruppo di intellettuali, non mise più piede a Napoli per il resto della sua vita. 

Ho adorato lo stile di scrittura della Ortese: mi ha affascinato, mi ha ipnotizzato sia nella descrizione delle vie di Napoli che percorre a piedi, sia nella descrizione del popolo che si muove come tante formiche in quei vicoli labirintici e claustrofobici, sia nel carattere dei personaggi che ci pennella. Ne esce fuori una Napoli distrutta dalla guerra e dall'uomo, alla ricerca di un pezzo di pane e di un tetto per dormire, ma con la speranza che non sembra essere morta, come afferma il padre della bambina cecata del primo racconto: 

"–Ce sta ‘o sole... ‘o sole!– canticchiò, quasi sulla soglia del basso, la voce di don Peppino Quaglia. – Lascia fa' a Dio, – rispose dall'interno, umile e vagamente allegra, quella di sua moglie Rosa.” 




Recensione di Francesco Camagna





Anna Maria Ortese, scrittrice italiana (Roma 1914 - Rapallo 1998) si affidò sempre alle sollecitazioni del mondo esterno, di un realtà con cui si è sentita eternamente «in polemica», in un bisogno estremo di sincerità. Ha oscillato tra l'inchiesta giornalistica e l'invenzione narrativa, rifiutando programmi ideologici o di poetica. Tra le sue opere va ricordato Il porto di Toledo, ampio romanzo che si aggroviglia tra molteplici e contraddittorie dimensioni spazio-temporali, in un gioco tra passato e presente. (Fonte treccani.it)

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